Alexis Tsipras propone una sfida su due fronti, chiedendo a Syriza di decidere: un congresso straordinario a settembre e l’organizzazione di un referendum interno al partito domenica prossima, per decidere quale sarà la linea da seguire.

Per decidere, quindi, se devono essere portate avanti le trattative con il quartetto dei creditori, o se sarà necessario andare subito ad elezioni anticipate, perché la linea del governo non viene condivisa.

«Dobbiamo comprendere che all’interno del nostro partito non ci sono esponenti più di sinistra di altri, o membri più rivoluzionari di altri», ha dichiarato nel corso del suo acceso intervento al comitato centrale di Syriza. Il primo ministro ha voluto ribadire con forza, quindi, che aver cercato l’accordo all’ultimo vertice di Bruxelles non significa aver tradito le ragioni della sinistra e del referendum del 6 luglio – le ragioni del «no» – dal momento che il popolo greco non ha mai dato il proprio assenso all’uscita del paese dall’Euro.

«Il primo governo di sinistra o viene appoggiato dai deputati di sinistra o cade perché non è considerato di sinistra», è il messaggio del leader di Syriza.

Nello stesso momento, tuttavia, l’esponente più in vista della minoranza interna, l’ex ministro Panajotis Lafazanis, ha continuato a portare avanti le sue posizioni, sostenendo con convinzione che «il partito non ha il diritto di farsi portatore di un terzo memorandum di austerità» mentre, per quel che riguarda la proposta del referendum all’interno di Syriza ha commentato: «quanti referendum dobbiamo fare? Lo abbiamo già organizzato e abbiamo già vinto con il 62% dei voti».

Secondo Jannis Smirkakis, capo redattore centrale di «Efimerida Ton Syntakton» (Quotidiano dei Redattori) «con le sue ultime proposte Tsipras dimostra di poter controllare il partito e comunque di non voler perdere l’iniziativa politica. Molto, tuttavia, dipenderà dalle scelte della cosiddetta area di mezzo, che si pone tra la minoranza interna e quella dei deputati che si riconosce nelle posizioni del primo ministro».

Uno degli elementi principali da cui verranno determinati gli equilibri politici futuri e la stessa situazione sociale ed economica del paese, secondo Smirlakis, «è la possibilità di arrivare ad una reale riduzione del debito, che possa far uscire realmente la Grecia dal circolo vizioso dei memorandum».

E proprio a questo proposito, un alto rappresentante del Fondo Monetario Internazionale ha dichiarato ieri che l’Fmi ha iniziato a discutere con la Grecia di un nuovo prestito, ma che questo verrà concesso solo se si deciderà come e quando ci potrà essere un alleggerimento del debito pubblico ellenico. Un messaggio che si presta a più letture.

Da una parte il taglio o «alleggerimento» del debito è una delle richieste fondamentali del governo di Atene, sulla quale si sono trovati sempre d’accordo tanto Tsipras, quanto Janis Varoufakis. Dall’altra, tuttavia, lo stesso Fmi sottolinea che «i partner europei, per concedere una riduzione del debito, vogliono prima poter vedere concludersi le riforme messe in cantiere dalla parte greca».

È chiaro che si tratta di pressioni a catena: il Fondo Monetario sembra pressare l’Europa affinché accetti il taglio del debito e i creditori – partendo dalla Germania – chiedono ad Atene di votare subito tutte le «riforme richieste».

Il governo Tsipras ha già fatto sapere che non intende permettere in nessun modo l’esproprio della prima casa e che entro l’anno voterà una nuova legge che lo vieti espressamente.

Non ha intenzione di cedere, inoltre, sulla delicatissima questione dei licenziamenti di massa e sul definitivo accantonamento dei contratti collettivi di lavoro, mente non ha votato, e non è intenzionato a farlo neanche in agosto, l’innalzamento dell’imposizione fiscale a carico degli agricoltori.

Da una parte, il leader di Syriza vuole guadagnare tempo, sapendo che l’esito delle elezioni legislative che si terranno in Portogallo e Spagna in autunno potrebbero cambiare – almeno parzialmente – gli equilibri in Europa.

Dall’altra intende dimostrare che, nell’immediato, il suo governo – anche se è stato costretto ad accettare delle misure che porteranno, assai probabilmente, nuova recessione – desidera proteggere le fasce sociali più deboli e costringere a pagare i grandi evasori.

In tutto questo, il grande pericolo è di esporsi a un lento ma costante logorio, come è successo negli ultimi giorni. Ed è per questo che Tsipras ha chiesto chiaramente a tutto il partito di decidere se vuole rimanere al governo, adottando una linea il più possibile chiara e coesa, o affrontare la prova delle urne.

Ma nella seconda ipotesi, ci sarebbe solo il voto di lista, senza le preferenze, come prevede la legislazione greca in caso di ritorno alle urne entro un anno e mezzo dalle ultime elezioni legislative. E la minoranza interna teme, a ragione, di perdere molti dei seggi conquistati nello scorso gennaio.