Dopo cinque anni torna l’appuntamento di Contromafie, gli Stati Generali dell’Antimafia promossi da Libera dal 23 al 26 ottobre a Roma con la partecipazione di 3000 iscritti in rappresentanza di associazioni, movimenti, realtà del sociale e della cooperazione, scuole ed università.

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Iniziati nella periferia romana di Corviale con Contromafie Giovani, termineranno domani all’Auditorium della Conciliazione. Ieri l’apertura ufficiale, sempre all’Auditorium, alla quale erano presenti il presidente del Senato, il Procuratore Nazionale Antimafia, il Segretario Generale della Cei, il sindaco di Roma, il presidente della regione Lazio, i Ministri della Giustizia, del Lavoro e dell’Agricoltura, il vicepresidente del Csm e il capo della polizia. Oggi 30 seminari dislocati in diversi punti della città, con più di 200 relatori, approfondiranno l’intreccio tra mafie, corruzione, diseguaglianze, povertà, diritti, dignità, giustizia, informazione, cittadinanza, economia e sviluppo. Una proposta di impegno e di lavoro che Libera mette a disposizione di quanti si battono contro le mafie e per la giustizia sociale ed ambientale, in un momento storico in cui la criminalità organizzata è sempre più forte e pervasiva, grazie alla crisi economica e sociale che ha prodotto in Italia 16 milioni di poveri.

Contromafie vuole essere un luogo del pensiero e dell’azione, per rafforzare buone pratiche e quanto di buono in questi anni è stato fatto. Pensiero e azione in un tempo evidentemente diverso rispetto a quello in cui ci siamo mossi più di venti anni fa, dopo la terribile e tuttora opaca stagione delle stragi. Dalla raccolta di firme per la legge che introduceva la confisca dei beni alle mafie ed il loro utilizzo sociale nasceva Libera. Un primo passo importante che ha portato nella disponibilità dello Stato più di 11 mila beni immobili e 2 mila aziende sottratte alla criminalità organizzata. Nei prossimi tre anni si parla di altre 50 mila beni confiscati. Un patrimonio immenso quantificabile in decine e decine di miliardi di euro che non rappresenta soltanto un simbolo di giustizia e riscatto ma che in questa fase di impoverimento materiale e culturale può essere un’enorme strumento di ridistribuzione della ricchezza ed un volano per restituire forza e prospettiva alla cultura dei Diritti. Di questi beni confiscati solo una piccola percentuale viene effettivamente utilizzata dalle realtà del sociale.

Il Procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, ha definito vergognose alcune situazione in cui i mafiosi continuano ad utilizzare beni confiscati. Inadempienze, corruzione, collusione e pochi investimenti nell’Agenzia Nazionale per i beni confiscati, le principali cause che portano questo gigantesco patrimonio a non essere utilizzato come si dovrebbe.

«L’Italia non è libera, la liberazione dell’Italia non è ancora completata. La politica non può essere sempre mediazione e compromessi perché così facendo si scontenta al speranza di giustizia del nostro paese. La mafia più pericolosa è quella della parola. A parole ci sono tutti, ma poi?», ha sostenuto in uno dei passaggi della sua relazione don Luigi Ciotti, fondatore di Libera. Il problema non è solo rappresentato dai poteri illegali ma soprattutto da quelli legali che si muovono illegalmente. La mafie sono la corruzione del potere. Le mafie, ricordava Pio La Torre, ti tolgono la libertà, come le guerre. Guerre e mafie come strumenti di diffusione della paura e di riduzione della libertà e della dignità. Mafie sempre più globalizzate attraverso il capitalismo finanziario. E di narcocapitalismo e collusione di molte grandi banche ha parlato Roberto Saviano, tra gli ospiti di Contromafie, che ha denunciato l’ennesimo omicidio in Messico di una «twittera», Felina, rea di aver semplicemente diffuso sulla sua pagina pensieri e parole contro i narcos.

Sebastiano Tinè, della Commissione Europea, ha ricordato come siano ormai 3600 le organizzazioni criminali in tutta Europa. La presenza a Contromafie della Ministra Nardi, di Trasparenza e lotta alla corruzione del governo boliviano di Evo Morales, testimonia la necessità e l’urgenza di costruire una rete internazionale sempre più consapevole e capace di agire insieme su un piano globale per contrastare l’evoluzione del fenomeno mafioso e di quella che don Ciotti ha definito cultura mafiosa: avere, possedere, potere.

Le mafie oggi uccidono di meno rispetto al passato perché è più sicuro e vantaggioso usare altre strade. Oggi le mafie sono installate nel mercato e nella finanza. C’è una mafia in guanti bianchi che uccide. C’è un’economia che uccide perché svilisce la dignità degli esseri umani sulla cui intangibilità si fonda la nostra idea di civiltà contenuta nella Costituzione. Libertà dai bisogni e libertà dalla paura: su questo Stefano Rodotà è intervenuto, nel suo applauditissimo intervento, senza risparmiare critiche alle ultime scelte del Governo sul job act e sui tagli ai servizi.

«Oggi non si può parlare di mafie come un fatto solo criminale, senza evidenziare la loro compatibilità con un sistema responsabile di disuguaglianze sempre più inaccettabili», ha sottolineato ancora don Luigi Ciotti alla fine del suo intervento. Per farlo abbiamo bisogno di una coscienza sociale nuova. È questa la grande sfida lanciata da Contromafie.