Un discorso appassionato, applauditissimo, non solo dai suoi. L’intervento di Maurizio Landini dal palco di Rimini rappresenta uno spartiacque nella vita della Cgil. Il leader della Fiom, che ha ufficialmente presentato una seconda lista di opposizione, ha attaccato in modo durissimo la segretaria Susanna Camusso, rinfacciandole tutti gli errori degli ultimi anni: errori che hanno contribuito, è la sua tesi, a fare spazio alle critiche demolitrici di Renzi e Grillo. «Il consenso di Renzi – ha detto – è figlio delle nostre difficoltà, delle cose che non abbiamo realizzato negli anni per contrastare le diverse politiche, e del fatto che non abbiamo ostacolato i governi che ci sono stati».

Una critica radicale, sostanziale, che disegna una strategia del tutto opposta a quella della segretaria: in altri sistemi (ma non nell’attuale Cgil) potrebbe benissimo delineare la figura di un anti-Camusso, il candidato alla segreteria generale al posto dell’attuale leader. Landini incarna ormai questa figura nel Paese, agli occhi di tutti gli osservatori esterni (si sia d’accordo con lui o no), ma per i farraginosi sistemi di selezione della Cgil questa contrapposizione non può essere giocata. Forse in futuro con le primarie, chi lo sa. «Non possiamo più nasconderci dietro un’apparente rappresentanza che all’esterno non ci viene riconosciuta, dirci che siamo molto democratici e che tutto funziona: perché così faremo la fine dei partiti politici, è solo questione di tempo», dice in un crescendo.

Landini ha spiegato di essere d’accordo con la relazione di Camusso, «quando chiede di aprire una vertenza su pensioni, fisco e ammortizzatori: ma noi non siamo stati sconfitti sulle pensioni, noi quella partita non l’abbiamo nemmeno aperta». «Il problema è che dobbiamo cambiare subito il nostro approccio con i giovani, i precari, le persone che oggi non ci conoscono. Ho incontrato in treno immigrati che lavorano a Brescia per 2 euro l’ora, e ho detto loro che sono sindacalista: pensavano che fossi pagato dallo Stato. Ma queste persone qui, io come le convinco?». Un altro nodo da affrontare è quello della «trasparenza»: «Qui il problema non è la casa o il condominio – dice Landini riferendosi a una metafora usata da Camusso – qui siamo di fronte a un terremoto per cui non esistono più case e condomini. Il problema è la possibilità di costruire una casa di vetro, fino ad arrivare a un codice etico».

Si può discutere del nuovo sindacato nella Conferenza di organizzazione annunciata da Camusso per il 2015? «Non c’è più tempo – dice Landini – Noi dobbiamo capovolgere il ragionamento: non dobbiamo fare qualcosa perché ce lo chiede qualcuno, la politica o Renzi. Ma dobbiamo agire perché ce lo chiedono i lavoratori, dobbiamo mettere in gioco la nostra vita con loro». La spinta emotiva a questo punto è altissima, visto che il leader Fiom parla addirittura di sacrificio della vita, in una evidente iperbole: «Il fatto è che sento la responsabilità su di me: tra qualche anno dovrò lasciare questo ruolo, ma non mi chiedo cosa succederà a me, ma cosa avrò lasciato agli altri». Un altro punto di scontro con Camusso, il nodo Fiat: «Non ho apprezzato il fatto che nella relazione non sia stata citata la Fiat, e non solo per quello che accade in questi giorni. Ma perché il modello Fiat implica lo scardinamento totale non solo del contratto nazionale, ma della contrattazione in sé, del sindacato come soggetto».

Al segretario Fiom non è piaciuto neanche il modo in cui ci si è rapportati con Cisl e Uil: «Ho sempre pensato che l’unità della Cgil venga prima dell’unità con Cisl e Uil. Mentre una finta unità con Cisl e Uil è stata usata a volte per distrarre dai problemi interni. A sentire Bonanni fare il paladino della democrazia a me sono venuti i capelli dritti, perché lui è quello che ha firmato per anni contratti separati, e accordi che hanno tenuto la Cgil fuori dalle fabbriche. E uno viene qui a fare le lezioni e noi a dire che non abbiamo problemi ad applaudirlo: ma stiamo scherzando?». E allora per Landini bisogna guardare le difficoltà e le divisioni interne in faccia, serve «discutere, discutere, discutere». «Non si può risolvere tutto a colpi di maggioranza: è vero che l’unità ci rende più forti, e io avevo accettato prima della firma del Testo unico un percorso unitario, ma poi non è stato possibile».

Questa la «piattaforma» di Landini per l’altra Cgil, per come la ricostruirebbe se fosse lui a guidarla. Camusso per tutto il discorso è stata attentissima: spesso ha preso appunti, in altri momenti lo ha guardato, restando seduta dietro alla presidenza. Alla fine, quando il microfono alla scadenza dei 15 minuti si è spento automaticamente (una «ghigliottina» imposta a tutti, per non far dilungare gli interventi), e Landini ha continuato a parlare ancora per mezzo minuto, ha applaudito e sorriso. Oggi risponderà certamente in dettaglio a tutte queste critiche, nelle sue conclusioni.

Sintonia con la relazione di Landini, nelle parole di un altro intervento molto appassionato e ugualmente applaudito, quello della segretaria Spi Cgil Carla Cantone. Era stata proprio lei, al suo congresso a porre il problema del fallimento del sindacato nel contrasto alla riforma Fornero delle pensioni. E ieri ha ribadito il concetto, anticipando una critica di sostanza a Camusso che è poi riecheggiata nell’intervento del leader Fiom: «Noi dobbiamo avere il coraggio della lotta – ha detto – e non farci incartare come è avvenuto con la riforma Fornero. Perché non puoi scendere in campo dopo che tutto è già avvenuto».
Indipendenza e coraggio nel contrastare il governo che chiede anche Giorgio Cremaschi, che ha presentato una terza lista: «Perché la battaglia sulle pensioni non l’abbiamo mai fatta non per timore di perderla, ma per paura che riuscisse troppo bene, così da creare problemi al Pd che sosteneva il governo Monti».