Domani si aprirà a Roma la Conferenza sulla Cooperazione allo Sviluppo, un tema che meriterebbe l’attenzione della campagna elettorale. La cooperazione è un tassello fondamentale per un Paese che immagina un ruolo nel mondo e le sue priorità.

Se In Italia assistiamo ad una discussione penosa sulla questione migranti, è anche perla mancanza di una visione condivisa rispetto agli obiettivi che il nostro Paese dovrebbe avere sul Mediterraneo. La conseguenza è che si finisce per parlare, a giorni alterni, delle carceri in Libia, di fonti rinnovabili, delle rivolte in Tunisia, degli investimenti di Eni in Africa, delle truppe da mandare in Niger. Eppure nei prossimi anni c’è una chiave che terrà assieme tutti questi temi: il clima.

Gli scenari che gli scienziati stanno prefigurando con l’avanzare dei cambiamenti climatici sono impressionanti e riguardano il Mediterraneo, il Nord Africa, i Paesi del Medio Oriente, ma anche l’area sud del Continente europeo. In una prospettiva di questo tipo, diventerà complicato vivere in contesti dove si accelera la desertificazione e diventa difficile l’accesso all’acqua, dove risulta impossibile continuare le colture agricole o le temperature urbane raggiungono picchi pericolosi per la salute.

Pochi paesi, come l’Italia, avrebbero interesse a guardare ai quei territori e a proporsi come partner per trovare risposta a un dramma che riguarda milioni di persone, anche per ragioni concrete: per i processi di migrazione che ne derivano e per il fatto che anche in Italia abbiamo problemi simili con terreni diventati aridi anche nel salento o nel ragusano, dove i tassi di emigrazione sono drammatici.

Sono queste le sfide che la cooperazione e la diplomazia italiana dovrebbero considerare centrali nella loro azione. Oggi l’Italia potrebbe svolgere un ruolo da protagonista nel contribuire a quella rivoluzione energetica incentrata sulle rinnovabili, al centro dell’Accordo di Parigi. Una sfida – tecnologica, politica, sociale – che sarebbe a portata di mano nel Mediterraneo per le potenzialità di solare e eolico e per la riduzione dei costi degli impianti. Eppure quando si parla del ruolo dell’Italia, non solo nel Mondo ma anche nei rapporti bilaterali con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo, continua a mancare questa scelta di fondo.

Intanto la Germania è sempre più organizzata nell’accompagnare il proprio sistema di imprese delle rinnovabili in Africa e a partire da questa cooperazione costruisce la propria politica di relazioni con i Paesi. La Francia, dopo la decisione di Macron di puntare sulla lotta ai cambiamenti climatici, in pochi mesi ha ripensato le priorità delle politiche di cooperazione con risorse e obiettivi. E l’Italia? A parte il ruolo di Eni, con i suoi progetti che continuano a guardare solo alle fossili, e ad alcuni gruppi industriali capaci di un autonomo protagonismo, il Paese continua a muoversi senza una chiara bussola. Non mancano alcune buone idee e sperimentazioni, ma siamo lontani dalla dimensione della sfida che abbiamo di fronte. Quello che servirebbe è rendere il nostro sistema di piccole e medie imprese protagonista nell’accompagnare il passaggio a una generazione distribuita e rinnovabile dell’energia e ad una gestione idrica capace di ridurre i consumi, in particolare in agricoltura. Potremmo farlo mettendo assieme diplomazia e cooperazione in un progetto che abbia al centro il futuro del Mediterraneo.

Dobbiamo augurarci che una chiara scelta in questa direzione cominci a maturare nella conferenza di oggi e che la discussione non si esaurisca qui. Perché la chiave del clima sarà sempre più una formidabile arma di politica estera e di partnership economica per tutti i Paesi. E per l’Italia, il campo entro cui concentrare idee e impegni, è chiaramente il Mediterraneo, per tante, nuove e antiche ragioni. Se scegliamo questa priorità possiamo puntare a svolgere nei prossimi anni un ruolo nella discussione che si è aperta sul futuro dell’Europa, e batterci per evitare che prevalga un’idea chiusa e di corto respiro.

*vicepresidente di Legambiente