Il deposito delle motivazioni della sentenza con la quale la Cassazione ha confermato la condanna di Silvio Berlusconi alla pena di 4 anni di reclusione, oltre al pagamento di una provvisionale di 10 milioni all’Agenzia delle entrate, ha aperto una vera e propria breccia nella narrazione creata dai media dell’azienda-partito nella quale i fatti sono puntigliosamente cancellati e la realtà sostituita dalla favola del paese di Bengodi. Dove viene narrata l’epopea di un Cavaliere senza macchia e senza paura che combatte eroicamente per ridare la libertà a un popolo oppresso dalle tasse e proteggerlo da una giustizia ingiusta che perseguita i galantuomini. Questa realtà rovesciata è penetrata nell’immaginario di milioni di persone, ma ogni tanto la narrazione si inceppa.
I fatti sono duri a morire e gli sceneggiatori del reame di Berlusconi non sempre riescono a cancellarli. Qualche volta irrompono nella scena pubblica e squarciano il velo delle menzogne con le quali viene costruita una realtà parallela.
Il compito specifico della giurisdizione è quello di accertare i fatti nella loro cruda realtà e, per questa via, disvelare quei comportamenti illeciti che, altrimenti, resterebbero rigorosamente occultati. Il significato di una condanna è proprio quello di far emergere una condotta, un comportamento antisociale, in tal modo neutralizzandolo. Una condanna passata in giudicato è una sciagura perché illumina e cristallizza fatti che contraddicono radicalmente la narrazione degli sceneggiatori di Arcore.
Anche questa volta il cavaliere è sceso in campo per cancellare i fatti. A caldo ha dichiarato che la sentenza «è fondata sul nulla». Qualche giorno dopo ha firmato i referendum radicali e ha dichiarato: «Non c’è nulla da fare se c’è un pregiudizio politico nei giudici. Sono in questa situazione per colpa di una parte della magistratura, Magistratura Democratica. Ho 41 processi alle spalle nei quali non sono riusciti ad arrivare ad alcuna condanna, così hanno deciso di avvalersi di un’altra strategia, sono diventati i padroni di tutti i collegi che mi hanno giudicato. Le condanne solo esclusivamente politiche, infondate e ingiuste, tese a un disegno preciso, eliminare l’ostacolo Berlusconi».
Il mantra ha raggiunto un nuovo stadio. Adesso la piovra rossa ha ulteriormente allungato i suoi tentacoli. Peccato che la sentenza illumina vicende che appartengono alla dura sostanza dei fatti, e non è colpa dei giudici, né di alcun pregiudizio politico, se i fatti smentiscono le favole che il regime di Arcore vuol dare da bere agli italiani. Di questi fatti si dovrebbe parlare, invece delle chiacchiere della politica.
Con il deposito delle motivazioni sono i fatti a parlare attraverso le sentenza della Cassazione e le sentenze dei giudici del merito che la Cassazione ha confermato, riconoscendone la correttezza. E i fatti ci parlano di una colossale operazione di uso illegale del potere economico, iniziata intorno al 1985 e proseguita con modalità varie fino al 2003; ci parlano della creazione di una ragnatela di società off shore, volte a creare una interposizione fittizia attraverso la quale si gonfiavano artificialmente i costi dei diritti di sfruttamento delle opere cinematografiche acquistate dalle Major americane, al fine di creare una provvista enorme di fondi neri all’estero, sottratti a ogni controllo, con l’effetto anche di realizzare una imponente frode fiscale, che è stata punita solo in minima parte. Ciò perché sia i reati fiscali più risalenti, sia tutti gli altri reati collegati a questa vicende, come il falso in bilancio e l’appropriazione indebita in danno degli azionisti Fininvest-Mediaset, sono caduti in prescrizione, anche grazie a una coraggiosa legge varata dal governo Berlusconi che ha accorciato i tempi della prescrizione per i reati dei colletti bianchi. Tutti questi fatti sono stati accertati attraverso le indagini giudiziarie e sono puntigliosamente descritti nelle 208 pagine della sentenza della Cassazione.
Come in tutti gli accertamenti giudiziari, i fatti sono basati su prove, non su opinioni. Sono basati sulla documentazione bancaria acquisita all’estero che ha seguito le tracce dei passaggi di denaro fino a quando non veniva trasformato in contanti, su numerose prove testimoniali, su mail dal significato inequivocabile, su missive scritte dai protagonisti di queste vicende. Tutte prove analizzate, controllate, passate ai raggi x dai giudici del merito in contraddittorio con l’agguerrita difesa degli imputati.
Sostenere che la sentenza è basata sul nulla, significa dire che la realtà deve sparire perché turba la narrazione delle favole.
I fatti definitivamente accertati con la sentenza della Cassazione devono essere inquadrati in un contesto in cui altre sentenze passate in giudicato hanno accertato (o quasi, per via della prescrizione) che i fondi occultamente accumulati da questo gruppo di potere sono stati utilizzati per illeciti finanziamenti a partiti politici (caso All Iberian), per corrompere giudici (Metta e Squillante), testimoni (l’avv. Mills), e ufficiali della Guardia di finanza. Insomma le enormi risorse accumulate con “il giro dei diritti cinematografici” sono rientrate e sono state utilizzate a fini di potere per forzare le regole istituzionali e inquinare la vita pubblica italiana.
Durante la sua seconda campagna elettorale Roosvelt pronunziò una frase memorabile: «Il governo del denaro organizzato sarebbe altrettanto pericoloso del governo della delinquenza organizzata». A volte questi due fenomeni sono convergenti.