Con oltre 37 mila casi positivi in 24 ore, l’Italia è tornata stabilmente tra i paesi più colpiti al mondo dal coronavirus. Da giorni solo Usa, Francia e India contano più casi di noi. La cifra dei decessi – 446 ieri, uno di più del giorno prima – è quella che fa più paura. Se anche le misure introdotte con il Dpcm del 3 novembre dovessero rivelarsi efficaci nel frenare il contagio, il numero dei morti sarà l’ultimo a calare in ordine di tempo e l’onda lunga dei lutti potrebbe prolungarsi ben oltre la fine di novembre.
In terapia intensiva ci sono ora 2515 pazienti, 124 più di giovedì. A livello nazionale, il numero di ricoverati raddoppia ogni dieci giorni circa. Solo in Lombardia sono 48 in più in 24 ore. Nella regione ci sono 570 pazienti in rianimazione. Una cifra ancora lontana dai 1400 della prima ondata, quando i reparti erano pieni all’inverosimile e furono in tanti a non trovarvi posto. Ma se i ricoveri non rallentano alla svelta, la Lombardia potrebbe ritrovarsi nella stessa situazione in un paio di settimane. Il numero di pazienti in terapia intensiva nella regione è una volta e mezzo quello di una settimana fa e ora i pazienti Covid occupano il 46% dei posti letto, secondo i dati dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas). La Lombardia però non è l’unica regione in crisi. Nella provincia di Bolzano i letti di terapia intensiva occupati dai pazienti Covid sono il 51%. In Piemonte il 43%, in Liguria il 42%, in Val d’Aosta il 40%. Va ancora peggio nei reparti ordinari, dove i pazienti Covid occupano il 94% dei letti in Piemonte, il 92% in Val d’Aosta, il 69% in Lombardia, il 66% in Liguria. L’emergenza si è spostata nei reparti normalmente più “tranquilli”. All’ospedale San Luigi di Orbassano (Torino) i letti riempiono persino la chiesa e la sala convegni della struttura.
Il motivo lo ha spiegato Walter Ricciardi, consulente del ministero della salute. Le terapie intensive, spiega, «non sono l’indicatore migliore in questo momento, perché fortunatamente riusciamo a intercettarli prima. Ma i posti letto normali che si stanno saturando». Le conseguenze le stiamo già «pagando ora, perché da febbraio abbiamo già annullato 1,3 milione di screening, e alcune di queste persone che non sono state controllate svilupperanno una patologia oncologica. È un prezzo altissimo quello che stiamo pagando».
Nella macroarea si concentra quasi la metà dei casi: 16 mila su 37 mila, con la Lombardia prossima a superare la soglia dei diecimila casi in 24 ore. Non sono i troppi tamponi ad alzare le cifre: al contrario Piemonte, Lombardia e Liguria, insieme a Bolzano, solo le aree con la più alta percentuale di test positivi sul totale – 20% e oltre. Come nell’ultimo periodo della prima ondata, l’epicentro della pandemia è tornato nel nord-ovest e non è in zona rossa solo la Liguria. A cui forse allude il governatore Cirio chiedendo nuove misure: «se noi chiudiamo quindici giorni, ma altre regioni non lo fanno, anche vicino a noi, è difficile uscire dalla pandemia».
A sud, appare irreale la situazione della Campania. Il numero di casi positivi è arrivato a 4508 in 24 ore, per il 90% asintomatici. Il governatore De Luca chiede aiuto: dei 1400 tra medici e infermieri chiesti al governo «al momento sono al lavoro 21 medici e 68 infermieri. Continuiamo a combattere a mani nude e senza lamentale». Ricciardi ieri è tornato alla carica. «Se sono rimasto dell’idea che ci vorrebbe un lockdown a Napoli? Si, perché i dati sono addirittura peggiorati», dice. Secondo le legge 833 del 1978, sia il governo che regione e comune potrebbero decidere in autonomia. Ma nessuno vuole rimanere col cerino in mano. Napoli, dove il Covid ha azzerato il turismo il poco di reddito che aveva distribuito nei vicoli, è una polveriera pronta a esplodere in caso di chiusura. «Chiedo ai cittadini di comportarsi come se ci fosse il lockdown» dice De Luca, senza però firmare nuove ordinanze. «Ci atteniamo al Dpcm e al decreto del Ministro della Salute che non individuano Napoli come zona rossa», si giustifica il sindaco di Napoli De Magistris. Così nel fine settimana rimarrà aperto al pubblico anche il lungomare della città, dove gli assembramenti sono pressoché scontati. Difficile credere che sia la scienza a guidare le decisioni.