Un piccolo esperimento di politica scolastica della destra nazionalista a Osaka scappa di mano ai suoi fautori e arriva in parlamento. La scuola privata «Moritomo» a Shonai, un quartiere popolare di Toyonaka, città satellite e dormitorio di Osaka, non è una scuola qualsiasi: la moglie del primo ministro ne era fino a ieri preside onoraria e la scuola avrebbe fatto raccolta fondi in quanto intitolata a Shinzo Abe, il primo ministro in carica.

LA SCUOLA, che aprirà le porte ad aprile, si pubblicizza come l’unica scuola shintoista del Giappone, dove i bambini imparano il patriottismo e le virtù della tradizione giapponese. Grande enfasi viene data a inno nazionale e alza bandiera e alla lettura del rescritto imperiale sull’educazione di epoca Meji alla base della militarizzazione dell’educazione giapponese. Secondo un’interrogazione del deputato Fukushima Nobuyuki i terreni su cui la scuola è costruita avevano un valore di 900 milioni di yen, ma sono stati venduti, con uno sconto di 800 milioni di yen: un ottimo affare per una scuola che porta avanti l’ideale educativo del primo ministro. Per l’opposizione questa non è una casualità. Per l’ente pubblico che li ha venduti lo sconto è dovuto ad una bonifica da effettuare sull’area.

IL PRIMO MINISTRO ABE ha negato qualsiasi conoscenza della cosa e ogni responsabilità e ha offerto le dimissioni in caso contrario. Ha dichiarato di aver rifiutato l’intitolazione, ma di aver supportato dal 2007 il progetto in quanto il promotore, a capo di un gruppo che sostiene le riforme costituzionali di Abe, è molto legato al suo pensiero in tema di educazione. Patriottismo, revisionismo, inno e alzabandiera sono le basi delle riforme scolastiche del governo Abe.

L’OFFENSIVA dell’amministrazione Abe è iniziata nel 2006 con le linee guida emanate dal suo primo governo e si svolge su un fronte molto ampio: dal revisionismo esercitato tramite il controllo dei consigli educativi locali e dei testi scolastici; al patriottismo nell’insegnamento dell’educazione morale, insieme all’uso di bandiera e inno; fino alla maggior competitività tra istituti e alunni.

Nota una insegnante in servizio che tali questioni sono state sempre presenti nel dopoguerra giapponese, ma sono diventate scottanti solo dopo la riforma della legge quadro sull’istruzione voluta da Abe e dalle sue successive applicazioni degli ultimi anni.

«Nel sistema scolastico giapponese è in atto uno scontro tra due forze, da un lato c’è chi propugna un’educazione patriottica, militarista ed elitarista e dall’altro chi vi resiste e promuove una cultura di pace»: così Miyaji Kazuo, consigliere locale del Minshinto (il principale partito di opposizione) ed ex segretario generale del consiglio educativo di Toyonaka riassume la tensione generata dal governo tra i banchi di scuola. All’origine di questa lotta ci sono proprio le tendenze revisionistiche dell’amministrazione Abe e le sue applicazioni.

IL PATRIOTTISMO è al centro delle riforme del dotoku, l’educazione morale nelle scuole. Ora il dotoku è occasionalmente insegnato dal coordinatore di classe e riguarda l’umiltà, la fedeltà, il rispetto per la natura e le buone maniere. Nel 2006 sono stati introdotti da Abe il patriottismo e l’amore per la propria terra, che la destra intende come patria, interpretazione respinta però dai sindacati. Il governo ha deciso che dal 2018 il dotoku diventerà una materia con tanto di voto. Ci sarà un testo approvato dal Ministero e in alcune, molto contestate, versioni anche l’eserciziario su come comportarsi in date situazioni. I professori temono di dover dare un voto al pensiero più intimo degli alunni, con la paura di eliminare spazi di libertà di espressione e di generare solo puro conformismo.

UN ALTRO PUNTO in tema di patriottismo è il contestato reclutamento svolto dalle Forze di Autodifesa alle superiori. Nikkyoso, il principale sindacato degli insegnati, ha sostenuto negli anni la campagna chiamata «Non manderemo i nostri studenti in guerra» della quale Miyaji valuta il successo, almeno finora. Quegli studenti che scelgono la via dell’esercito lo fanno prevalentemente per motivi economici, non perché vogliano andare in guerra, conclude.

Parte della campagna è attuata tramite l’educazione alla pace, che viene svolta come attività integrativa. Miyaji, insegnante di scuola media per 25 anni, racconta veniva insegnata: invitava i superstiti di Hiroshima; portava in gita ai tunnel scavati dai lavoratori forzati coreani; e faceva portare in scena a teatro quello che veniva studiato dai libri sulla guerra. Così lui ha applicato lo slogan della campagna.

IL REVISIONISMO in politica estera si attua in politica interna tramite i testi di storia. La quota di mercato degli editori revisionisti è salita nell’ultimo anno al 6,3 per cento, pari a una scuola su venti. Questo aumento trae la sua origine nella riforma dei consigli educativi locali, che sono dotati di ampie competenze, tra le quali proprio l’adozione dei testi scolastici. La riforma, entrata in vigore nel 2015, introduce la nomina diretta da parte dei sindaci dei presidenti del consiglio educativo, prima scelti dal consiglio stesso. Ciò ha comportato una maggiore subordinazione di questi alla politica e proprio qui sta la spiegazione nel sensibile aumento delle adozioni di testi dichiaratamente revisionistici.
Miyagi spiega come lavora il suo consiglio a Toyonaka: gli insegnanti assegnano un voto ai testi scolastici in offerta e il consiglio ha sempre scelto quelli con i voti migliori. Viceversa, laddove il presidente sia scelto da un sindaco sostenitore delle posizioni revisioniste, viene fatta pressione per adottare tali testi a prescindere dalle valutazioni dei professori.

Questo è già accaduto a Hibaraki, Higashi e Osaka città, racconta. Così, i professori delle scuole coinvolte resistono non insegnando più solo il testo, ma affiancando a esso altro materiale.

IL MINISTERO DELL’ISTRUZIONE rivede tutti i testi adottabili e la questione fino ad ora era sempre stata sull’ampiezza delle espressioni ammesse, viceversa i nuovi revisionisti vogliono la negazione totale di alcuni fatti storici, come il massacro di Nanchino. Alcuni di questi libri di storia iniziano, poi, con la mitologia giapponese; un po’ come iniziare la storia antica con Adamo e Eva. Un insegnante di letteratura giapponese affronta le questioni della guerra per quei testi che vi sono ambientati, ma parla di un’atmosfera generale in cui è difficile spiegare cosa vuol dire veramente ai ragazzi senza essere considerati politicizzati. E le attività politiche sono state vietate nelle scuole di Osaka dall’ex governatore Hashimoto con un regolamento che è ora oggetto di ricorso di costituzionalità. Anche la Abenomics, la politica economica di Abe, fa sentire i propri effetti sulla scuola.

LA MAGGIORE COMPETITIVITÀ promossa con le riforme serve solo a creare una classe d’élite, denuncia Miyaji. Il perché, l’aumento della diseguaglianza, lo illustra una professoressa di scuola media che chiede di restare anonima: «È triste vedere ragazzi di famiglie svantaggiate che hanno già abbandonato ogni speranza per il loro futuro», dice. La vera questione, continua, è la differenza di reddito e di ceto delle famiglie, che decide già per la maggior parte degli alunni che posizione nella competizione sia possibile raggiungere. Con la competizione promossa dalla Abenomics le diseguaglianze economiche si riproducono nell’istruzione.

La questione di fondo è l’impatto sulle nuove generazioni. Miyaji pensa che gli insegnanti come lui e tanti altri abbiano seminato i semi della pace: i frutti si vedranno.