Se la scuola di massa era un’istituzione della società disciplinare con la fabbrica, la caserma, la prigione e l’ospedale, la “Buona scuola” è un’istituzione del controllo che organizza la vita degli uomini e delle donne indebitate attraverso gli algoritmi, la meritocrazia, l’autodisciplinamento. È già realtà: l’istruzione è sempre meno un ambito chiuso e, nella crisi permanente indotta dal regime delle riforme continue, sarà progressivamente sostituita dal dispositivo della formazione permanente e dell’apprendistato professionalizzante, da un controllo continuo operato sugli studenti, mentre i docenti sono già oggi valutati e puniti in base alle prestazioni e alle competenze, ai bonus elargiti dal governo e dalla sua propaggine aziendale: il “preside-manager”.

Il docente, il vero obiettivo disciplinare della caotica ma impietosamente incalzante riforma renziana, è trasformato in un burocrate della didattica delle competenze. Il reale contenuto della sua professionalità è conformato alla nuova precettistica dell’automazione, mentre la relazione con lo studente – ciò che costituisce la scuola – è un accessorio. Si può prevedere, in un prossimo e non lontanissimo futuro, una nuova “riforma”: la trasformazione di questa relazione secondo i parametri di una governance di cui i test Invalsi, e l’idea del portfolio delle competenze degli studenti, è solo una piccola anticipazione.

Se la scuola di massa voleva costituire il cittadino, la “Buona Scuola” crea l’imprenditore che risponde in tempo reale a schemi algoritmici e logiche performative del capitale umano. L’algoritmo usato dal ministero dell’istruzione per collocare i docenti quest’estate ha suscitato proteste e indignazione. Per lo più, soprattutto nella scuola primaria, si è trattato di contestazioni per un’irrazionale applicazione dei dati rispetto a un accordo sindacale sulla mobilità. Il ministero ha ammesso alcuni errori e si cercherà un rimedio. Ma è del tutto sfuggita la principale innovazione che sopravviverà alla Buona Scuola e, presto o tardi, sarà applicata ovunque, a partire dalla pubblica amministrazione: l’algoritmo, ha detto la ministra Giannini, “è la traduzione informatica di un contratto tra governo e sindacati con tutte le variabili del caso”, “la formula equivale alla traduzione matematico-informatica del contratto sindacale di lavoro”.

Ciò non esclude il contratto di lavoro, ma lo assoggetta al livello superiore del governo dei dati e dei numeri. È l’«uberizzazione» della scuola. Il noleggio auto con conducente avviene attraverso una piattaforma gestita da una multinazionale. Il salario è legato alla valutazione dei clienti e dell’azienda. Questo uso dell’algoritmo trasforma in maniera radicale la contrattazione e gli stessi contenuti della relazione tra lavoratore e datore di lavoro. I numeri sono inappellabili, l’errore è solo un episodio. La razionalità messa in campo non sbaglia mai. È il nuovo dogma teologico-informazionale. L’apparente oggettività in realtà nasconde arbitrii sui quali il governo non intende intervenire. I docenti sono le cavie di un nuovo modo di governare la vita. Quest’ultimo aspetto della “buona scuola” è il più grande esperimento di massa effettuato da un governo, non da una multinazionale, e produrrà effetti a catena nella società del controllo.

In questa svolta la scuola non prepara gli individui alla fabbrica o all’ufficio, ma all’impresa, concetto da intendere non solo come “azienda”, ma come itinerario esistenziale in cui si sperimenta e subisce una rivalità inestinguibile, motivazioni proprietarie che oppongono studenti e docenti tra di loro, e attraversano ciascuno, dividendoli nel loro intimo. La nuova istruzione non è meno disciplinare di quella precedente, prevede sanzioni e promozioni, oltre a uno spiccato senso dell’autorità identificato nel mitologema del manager. In questo modello si introduce il principio del salario secondo il merito, la stella polare di tutte le politiche del lavoro, e non solo.

Così l’impresa ha sostituito la fabbrica, la formazione permanente pervaderà fino in fondo la scuola, la valutazione continua sussume l’esame, la burocrazia sostituisce la ricerca e l’insegnamento. Il nuovo regime dell’istruzione, in via di perfezionamento, spiega perché il lavoro è stato assorbito e rovesciato nello stage permanente e dal lavoro gratuito per i feudatari delle piattaforme in rete. Sta a chi vive nella piattaforma interconnessa 24 ore su 24, sette giorni su sette, scoprire di cosa siamo diventati servi, così come i nostri padri e madri hanno scoperto, non senza dolori e conflitti, la resistenza alle discipline. Non è il caso né di avere paura né di sperare, bisogna cercare nuove armi, ha scritto Gilles Deleuze nel 1990 all’inizio della trasformazione. Quella ricerca non è ancora, mai, finita.