«Se l’amore è cieco, cupido può essere ipovedente». Sta in questa frase, buffa, leggera, ma in qualche modo anche imbarazzante perché detta da un’autentica ipovedente (interpretata da Arianna Scommegna) che parla dell’ipotetico amore della sua amica, cieca, il senso ultimo del nuovo film di Silvio Soldini, Il colore nascosto delle cose, fresco di presentazione veneziana, fuori concorso. Una storia che potrebbe diventare amore tra Emma, osteopata, single da un annetto, e Teo, pubblicitario un po’ cialtrone, indomito sciupafemmine, che da tempo si accompagna con Greta, che vorrebbe almeno convivere, lui invece sgattaiola via all’alba per tornare a casetta sua e quando può, ossia quando il marito è via, fa visita a Stefania. Lei è intrigante, e quel suo handicap sembra conferirle qualcosa in più anziché sottrarre.

Al punto che il collega di Teo ammicca da macho: «se la timbri, ti offro una cena stellata». E lui «timbra», giustificando le assenze improvvise prima con lavori inesistenti poi con volontariato per «una povera cieca”. Ma Teo è fatto così, male. E messo alle strette si comporta dal cialtrone che è.
Qualche anno fa Soldini aveva realizzato un documentario, Per altri occhi, che ha per protagonisti dei non vedenti. Un’esperienza che ha colpito il regista costringendolo a superare pregiudizi e stereotipi. Perché il mondo dei non vedenti, fatto salvo il problema, è un mondo di persone come tutte le altre, capaci di imprese impensabili solo per noi «normali», con umori alti e umori bassi, con dosi di ironia e autoironia capaci di spazzare via ogni pietismo. Ecco, da lì Soldini è partito per costruire il personaggio di Emma, donna autosufficiente, alle prese, come tutti, con pene d’amore, forse solo più sensibile su certi piani, anche perché lei sa di cosa parla quando cita colori e cieli, la sua cecità è arrivata nell’età dell’adolescenza. E dopo avere creato Emma, sulla base di quell’esperienza Soldini ha guidato Valeria Golino sul percorso scivoloso dell’interpretazione di una non vedente riguardando i protagonisti di quel documentario. E Golino, mettendoci anche del suo, ha conquistato pubblico e critica con quello sguardo smarrito.

Il problema poteva essere quello di trovare un partner adeguato e questa volta Giannini, Adriano, sembra essere stata la scelta giusta: piacione per chi vede (ma Emma osteopata percepisce bene il suo corpo, prima di diventarne amante), ammaliante per la voce, anche per chi non vede, seduttore prima ancora che creativo (e forse un po’ meno product placement non avrebbe guastato), suona decisamente credibile – rer inciso due anni Giannini e Golino erano stati protagonisti sempre a Venezia di Per amor vostro di Giuseppe Gaudino, e lei aveva vinto il premio come migliore interprete femminile

Il colore nascosto delle cose rientra perfettamente nella filmografia di Soldini, che nelle ultime prove aveva un po’ sbiadito il suo talento, mentre qui ritrova se stesso e anche qualche suo limite nel voler aggiungere dettagli e personaggi che portano il racconto a sfiorare le due ore. Fosse stato più conciso, a costo di essere meno autoriale, ne avrebbe guadagnato la fruibilità per gli spettatori che comunque hanno dimostrato di volere premiare questa storia d’amore così simile a molte altre, seppure con quella variante che la rende piuttosto singolare, offrendo quella spruzzata di imprevedibilità.
«La costruzione di un amore/non ripaga del dolore/è come un altare di sabbia/in riva al mare», cantava Ivano Fossati e così sembra viverla Emma, cieca, ma capace di vedere Il colore nascosto delle cose.