Aristocratico di fine ’800, ultimo duca di Sermoneta, ma sopravvisse al ‘900 più di sessant’anni, Roffredo Caetani (Roma, 1871-1961) fu compositore per vocazione. Allievo di Sgambati, ebbe consuetudine, per legami amicali genitoriali, con Liszt; la musica che amava era di diretta discendenza romantica: da Schumann fino a Wagner. Anzi, fu wagneriano di stretta osservanza. Tra i primi in Italia. Ma è nella magnifica e sovrabbondante Sonata in La bemolle maggiore op.3, reiterata chiusura dell’album Piano Music – pubblicato dalla Brilliant insieme ai 4 improvvisi e alla Ballata in Fa diesis minore dell’op. 9, che si ascoltano riverberi debussiani, superamento di quel tardoromanticismo che amava e porta d’ingresso alle novità musicali che precedettero il «secolo breve».
Qui la pianista Alessandra Ammara, con la direzione artistica di Roberto Prosseda, è al meglio nel disporre la tavolozza sonora del compositore lepino.
Musicista d’alto profilo stilistico Prosseda, che ha di recente registrato un cofanetto integrale della musica per pianoforte di Mendelssohn per la Decca, e si è cimentato in una singolar tenzone pianistica con il robot Teo Tronico, racconta la scoperta di un compositore notevole ignoto ai più fino ad oggi.
«Mi sono accorto ascoltando mia moglie Alessandra preparare un programma con musiche di Liszt, Sgambati e Caetani di come la lingua musicale di quest’ultimo fosse di gran lunga più nuova di quella di Sgambati. E non solo: guardando gli anni delle composizioni anche di Franck e Fauré. Sul cd e dal vivo si potrà cogliere pienamente come Caetani, pur negandosi una carriera mondiale, è stato un compositore tra i nostri maggiori di fine ‘800, peraltro concentrando la sua attività tra i venti e i trent’anni». «In un’epoca dominata dal melodramma e dal teatro musicale – continua Prosseda – ha rivolto la sua attenzione alla musica da camera e strumentale. Anticipando di venticinque anni circa anche la Generazione dell’80. E solo più tardi comporrà due opere a distanza di quasi vent’anni l’una dall’altra, Hypatia nel 1924 e L’isola del sole nel 1943».
Quindi non proprio un minore e sconosciuto… «Vuoi per i suoi natali nobili, vuoi per la propria indole cosmopolita, a Roffredo non interessava esercitare una carriera da musicista professionista. Eppure poteva in qualsiasi momento chiamare Horowitz o Giesing a suonare le sue musiche. Ma, non lo ha fatto».
Si potrebbe dire, scherzandoci su, un difetto di famiglia. Infatti, anche la figlia Leila era pittrice, e al pari il padre per la musica, dipingeva disinteressandosene sia di mode sia di facili guadagni come di ricerche estetiche o intellettuali. «Non dimentichiamo che i Caetani, possedevano e amministravano, tra le altre, proprietà a Roma e nell’Agro Pontino come il Castello di Sermoneta e il Giardino di Ninfa, oggi sede di una delle tre Fondazioni dedicate alla famiglia e si muovevano per le capitali d’Europa. Il nonno e il padre intrattennero rapporti con musicisti, pittori e poeti. Lo stesso fece Roffredo e soprattutto sua moglie, l’americana Marguerite Chapin che prima a Parigi e poi a Roma fondò due riviste celebri del ‘900, Commerce e Botteghe Oscure».
Però le attività di famiglia, tra le quali rilevanti per l’epoca di protoambientalista e filantropo, non impediscono a Caetani di raccogliere e pubblicare le sue partiture. «Lo fa con una grande casa editrice come Schott di Magonza, che pubblicava i capolavori di Schumann e di Wagner»