Il volume di Lorenzo Bernini pubblicato da Mimesis, intitolato Le teorie queer (pp.246, euro 22), vuole costituire un’introduzione problematizzata di uno dei settori meno pacificamente accademici della teoria critica. La rappresentazione del panorama italiano dei collettivi politici radicali queer si affianca alla narrazione delle genealogie storiche che hanno costituito le premesse per la nascita delle teorie queer.

BERNINI descrive come queste genealogie di pensiero si articolino ben oltre le mura degli atenei, implicando i saperi militanti elaborati da soggetti versati direttamente nella politica della sessualità e provenienti dai movimenti politici delle «minoranze sessuali».
Spiega come i gruppi queer coesistano con teorie queer, «senza offrire soluzioni ma lasciando alle pratiche di lotta dei movimenti sociali e dei singoli soggetti il compito di elaborare e sperimentare le une e le altre». Propongono cioè di promuovere politiche antagoniste all’ordine sociale eterosessuale, all’omonormatività, alla transnormatività, all’omonazionalismo e al neoliberismo.

IL VOLUME argomenta le genealogie storiche e concettuali attraverso il rapporto tra l’analitica del potere e il dispositivo di potere rappresentato dalla sessualità, secondo le categorie foucaultiane. Puntualizza l’origine del termine queer, ricordando l’apporto fondativo della conferenza che la filosofa Teresa de Lauretis tenne nel febbraio 1990 all’Università di Santa Cruz in California; apporto spesso messo in ombra dalla fama di Epistemology of the Closet (1990) di Eve Kosofsky e ancor più da quella di Gender Trouble: Feminism and the Subversion of Identity (1990) di Judith Butler.
I primi due capitoli sono una convincente disanima sugli interrogativi riguardo la natura della teoria critica e della filosofia politica, affrontando questioni preliminari al terzo capitolo.

TEORIE CRITICHE e filosofie politiche che interrogano la legittimità delle norme imposte dal diritto in una prospettiva di intersoggettività, le teorie queer vedono il loro stesso statuto per esempio dalla scelta di esprimere il punto di vista delle «minoranze sessuali», di cui la esistenza transgender e quella intersessuale sono esempio. L’esposizione di dati e vicende che spiegano la portata della violenza chirurgica e giuridica nei confronti dei soggetti transgender non si riduce ad un elenco delle atrocità del sistema di classificazione sesso-genere-orientamento sessuale nei confronti dei corpi; essa mostra come le vittorie dei movimenti intersessuali e transgender in campo giuridico rivelino un’arbitrarietà del sistema di classificazione dei corpi, arbitrarietà che mostra le falle da cui possono emergere i movimenti di protesta.
Bernini spiega come le teorie queer nascano e si evolvano nell’attualità, costituendosi come esercizi di ontologia dell’attualità e del sé a partire da atti di insubordinazione; tramite questi esercizi i soggetti possono sperimentare delle forme di disidentificazione per assumere identità nuove e precarie. Ma in che senso tali effetti trasformativi si producono a partire dall’ontologia dell’attualità e del sé? Il rovesciamento di prospettiva ha origine nella distinzione applicata da Foucault tra il presente e l’attualità.

Il filosofo francese proponeva di analizzare ciò che siamo ora, come l’azione dei poteri ci rendono gli esseri umani che siamo, ricostruendo la storia in maniera funzionale a un eventuale mutamento nell’attualità. Si tratta quindi di studiare «l’attuale» in quanto divenire e non considerare il presente in quanto espressione di ciò che siamo, e quindi di ciò che non siamo già più.

L’ARCHITETTURA delle Teorie queer si fonda, infatti, a partire dagli antecedenti, aprendosi nella descrizione delle mutazioni e delle evoluzioni di pensiero che continuano a prodursi; in questo senso, oltre a Foucault, incontriamo anche il freudomarxismo rivoluzionario, il costruttivismo radicale e le teorie antisociali e il loro intrecciarsi.
Notevole spazio è dedicato anche alla narrazione delle «teorie antisociali». Le premesse stanno nel pensiero della contestazione degli anni Settanta, soprattutto nelle teorie di Guy Hocquenghem e di Mario Mieli, sfociando negli approcci di Leo Bersani e di Lee Edelman.

IL RIFIUTO della socialità proverrebbe da una contestazione del funzionamento della società eterosessuale e neoliberale e dalla critica dei criteri che separano le minoranze sessuali dalla maggioranza eterosessuale.
Il carattere contestatario delle teorie antisociali risiederebbe nel tentativo di decostruire il desiderio di auto-integrazione sociale da parte del soggetto. Il carattere eversivo e non rassicurante di tali teorie ne costituisce la radicalità. Una radicalità che non può che precorrere i tempi di una nuova socialità.