Tutti gli occhi sono puntati al 4 luglio, giorno di apertura del Festival d’Avignon, il più importante dell’estate. Gli intermittents, cioè i precari del mondo dello spettacolo che in Francia godono di un sistema particolare di sussidio di disoccupazione che poco per volta sta perdendo in qualità, hanno già annunciato una giornata di sciopero.
Il Festival d’Avignon, il primo con la nuova direzione di Olivier Py, rischia di essere annullato, come è già successo nel 2003, in occasione di un’altra riforma del sussidio di disoccupazione che limitava alcuni diritti acquisiti? Il direttore ha già fatto sapere che non cancellerà la manifestazione, ma alcuni spettacoli potrebbero comunque saltare a causa della mobilitazione del personale.

Proprio Olivier Py in un’intervista al quotidiano Le Monde, qualche giorno fa, aveva messo in guardia il governo: se viene firmata la nuova convenzione sull’indennizzo dei disoccupati messa a punto il 22 marzo scorso tra il Medef (la Confindustria francese) e una parte dei sindacati – che riguarda 2.200.000 persone in Francia, molto al di là quindi dei centodiecilmila lavoratori dello spettacolo – c’è il rischio di un blocco. Ma ieri il governo ha firmato in nome del rispetto della «concertazione sociale», il metodo socialdemocratico che François Hollande vorrebbe importare in Francia, un gesto quasi simbolico a pochi giorni dall’apertura della «conferenza sociale» con padronato e organizzazioni sindacali.

Il 1° luglio entreranno così in vigore le nuove norme, malgrado le proteste. Ieri la notizia della firma è stata accolta con manifestazioni di intermittents in varie città, da Parigi a Marsiglia. Il governo, per evitare il peggio, ha nominato prima un mediatore (il deputato socialista Jean-Patrick Gille) poi una commissione formata da tre personalità rispettate nel mondo dello spettacolo (oltre a Gille, Hortense Archambault, ex direttrice del Festival di Avignon, e Jean-Denis Combrexelle), con la missione di ridiscutere tutto il sistema, ivi compresi i punti più controversi della riforma.

Molti festival hanno già subito le conseguenze della protesta. Il 4 giugno non ha potuto aver luogo la prima della Traviata all’Opéra-Comédie di Montpellier e, sempre a Montpellier, da dove era partita la protesta nel 2003, è stato annullato il Festival Printemps des Comédiens. Montpellier Danse è parzialmente  bloccato, e ieri le proteste sono ricominciate con forza dopo una pausa mercoledì che ha permesso lo svolgimento degli spettacoli. Lo sciopero della maggioranza di tecnici al teatro dell’Agora ha determinato l’annullamento di Empty Moves, coreografia di Angelin Preljocaj e di Plage romantique di Emanuel Gat.

A Grignan è stata annullata la prima della pièce Lucrezia Borgia, con Beatrice Dalle. Ma proprio a Montpellier Danse e al festival di arte lirica di Aix si è prodotta una situazione strana: gli intermittenti che lavorano alla produzione degli spettacoli hanno votato contro lo sciopero, anche se alcuni spettacoli sono stati annullati a causa dell’irruzione in scena di gruppi di lavoratori estranei all’attività dei teatri implicati. C’è cioè una frattura nel mondo dei lavoratori dello spettacolo (oltre a quella della divisione sindacale, tra le organizzazioni che hanno firmato l’accordo del 22 marzo e quelle che lo hanno rifiutato). Molti direttori, che pure si dichiarano favorevoli alle rivendicazioni degli intermittenti, si oppongono all’annullamento delle manifestazioni.

Olivier Py ha ricordato nei giorni scorsi, a sostegno della sua presa di posizione contro l’annullamento, che a differenza del 2003 – quando appunto la manifestazione venne annullata – oggi non c’è più l’assicurazione che copre i costi in caso di sciopero. Non permettere lo svolgimento del Festival di Avignon, come degli altri, sarebbe percciò «un suicidio», perché tale decisione comprometterebbe la sopravvivenza stessa del festival negli anni a venire. In termini di perdite economiche la previsione per il solo il Festival d’Avignon è di 4-5 milioni di euro.

Questo riferimento ai mancati guadagni intende mettere il governo di fronte alle sue responsabilità: la cultura in Francia ha un fatturato annuo intorno ai cinquantotto miliardi di euro, pari al 3,2% del pil. Nello spettacolo, il lavoro è soprattutto precario. Il regime speciale risale al 1936, era nato per il teatro e nel corso degli anni è stato esteso anche al cinema e alla tv.

Prevede che una persona che ha accumulato almeno 507 ore di lavoro in dieci mesi, con contratti a tempo determinato, possa accedere al sussidio di disoccupazione per la durata di otto mesi e mezzo. Per il Medef è un «privilegio», per la Corte dei conti produce un «deficit cronico», che versa 232 milioni l’anno di contributi e versa 1,26 miliardi in sussidi. Ad aver fatto esplodere il sistema sono le tv e le società di produzione video. Per esempio, dei colossi come France Television e Radio France, società pubbliche,occupano 8600 intermittents, che sono soprattutto «permittents», cioè impiegati dallo stesso datore di lavoro il quale approfitta del sistema per scaricare i costi.