Sarantis Thanopulos: «Le nubi degli anni trenta del ventesimo secolo si addensano di nuovo sull’Occidente. Ginevra Bompiani ha parlato in modo forte (e, al tempo stesso, ironico) di scontro tra “umani” e “umanoidi”. Il processo degenerativo ha origini lontane: la prima “evidenza” risale all’uso di gas per lo sterminio di massa nella prima guerra mondiale. Il morbo nazista, sua derivazione diretta, non è stato mai curato alle sue radici (dalle quali è cresciuto come fungo velenosissimo l’equilibrio “nucleare”).

Quali sono le cause della disumanizzazione? La questione è centrale perché la loro eliminazione è l’unico rimedio efficace. Lo strapotere del bisogno sul desiderio, che mai si era visto, anche in tempi in cui l’esistenza materiale degli umani era molto precaria, è un dato di fatto: la parità tra Leggi e Desiderio, invocata da Sofocle, appare oggi un’idea fuori luogo. La prevalenza dell’umano biologico sull’umano politico testimonia il ritorno prepotente del diritto del più forte, con ciò che ne consegue: la concentrazione mortale della ricchezza e l’espulsione dell’altro, il razzismo.

Se rinunciamo a collegare questi fattori tra di loro in termini stretti di causa ed effetto, possiamo cogliere il filo rosso della loro concatenazione nel trionfo dell’immaginario (la “società dello spettacolo”) sull’immaginazione. Immaginare, qualità erotica, povera di certezze, ma ricca di risorse creative, è cogliere l’imprevisto e l’inconsueto, attraversare lo spazio di mancanza (che mantiene vivo il passato) individuando, presentendo le aperture, i passaggi per il desiderio (che rendono possibile e afferrabile il futuro). La società totalmente squilibrata sul lato della tecnologia che sottomette l’esperienza alla calcolabilità e alla prevedibilità dei comportamenti, è impegnata nel rovinoso tentativo di mettere la vista, l’immaginario, in occhi ciechi, privi di immaginazione (Platone)».

Monica Ferrando: «Tu e Ginevra Bompiani l’avete detto così bene: la disumanizzazione è funzionale alla progressiva sostituzione tecnologica dell’umano con la scusa di potenziarlo. Si tratta del processo, per alcuni inevitabile o addirittura liberatorio, del ‘postumano’. A parte la sfera religiosa, dove la salvezza lascia il posto alla salute, consideriamo quella etica, dove alla libertà individuale, su cui riposa ogni possibilità di prendersi cura della propria e dell’altrui vita –cosa che distingue dai primordi l’umano-, è sostituito l’algoritmo. Al posto della mediazione etica che instancabilmente difende il senso di giustizia dall’arbitrio individualistico, a decidere è la matematica (che non esige di venir difesa).

È presupposta una gerarchia dell’immediato. Dinnanzi all’ipocrisia di una salute first, ma senza assicurarla né difenderla, ogni altro principio cede, compresa la salute stessa. Dov’era la salute per gli operai di Marghera e Taranto morti di cancro? Dov’è ora, col virus che vive di inquinamento, per riders che ne sono esposti ormai a orario continuato? Da più di duecento anni il vivente viene sacrificato al capitale secondo la gerarchia dell’immediato profitto. A questo stesso vivente viene ora offerto di scambiare la propria umanità con una vita amputata di etica e immaginazione ma rimpinzata di immaginario sintetico e precotto.

È togliendo di mezzo ogni mediazione etica, predicando l’adeguazione assoluta alla natura (snaturata e manipolata) che si opera la mutilazione: degradando la facoltà di decidere a ludica opzione, dove è il comando dei dispositivi, ipocritamente travestito da scelta, a comandare. Si decide liberamente solo grazie a delicati processi di memoria, desiderio, amore, immaginazione, lutto: se lasciamo che vengano intercettati essi saranno, come tutto ciò che intralcia gli algoritmi, alterati e distrutti. Sta a noi decidere se è cosa buona e giusta».