Ancora un altro giorno di passione e consultazioni. Stavolta sono quelle del presidente Napolitano che si era incaricato «personalmente» di verificare le disponibiltà – meglio è dire indisponibilità – delle forze politiche incartate in uno stallo senza precedenti nella storia della Repubblica. Alla fine, il capo dello stato si ritira nel suo riserbo, con i suoi appunti, e la soluzione che annuncerà forse già oggi, dopo una notte di ’decantazione’, come mille indizi suggeriscono. L’annuncio potrebbe arrivare intorno alle 11.

Il ventaglio delle ipotesi diminuisce di ora in ora, in una giornata ansiogena dove a un certo punto esplode persino un’agenzia che lancia un «governo Pd»: ma è una nota dal desk sfuggita. Quello che resta scritto nei fogli del presidente della Repubblica è lo «stallo» andato in scena, con inusuale chiarezza anche senza diretta streaming, dalle forze politiche che sono sfilate nel suo studio alla Vetrata. Un Berlusconi baldanzoso e provocatorio conferma la disponibilità «a un governo di coalizione con Pdl, Pd, Lega Nord e Scelta Civica», visto che «una delle tre forze che hanno avuto più voti si è messa all’opposizione», leggasi Beppe Grillo che nel frattempo per tutto il giorno manda avanti il suo show di insulti e minacce. Il Cavaliere conferma la sua disponibilità a un incarico a Bersani o a un altro esponente Pd, ma che sia «un governo assolutamente politico, vista anche l’esperienza direi tragica del governo dei tecnici».

Detto da lui, mandante dell’ultima pantomima del ministro Terzi dimissionario da un governo dimissionario in piena tensione diplomatica con l’India per il caso dei due marò, sa di beffa. Ma è la prova provata delle «condizioni o preclusioni inaccettabili» di cui da quella stessa Vetrata giovedì gli ha parlato Bersani. Condizione inaccettabile, quella di un governo di larghe intese con il Pdl, per chiunque, per il Pd: e non solo per il Bersani accusato di arroccamento e testardaggine. Quanto alle pretese sul prossimo capo dello stato, Berlusconi vuole «fugare ogni dubbio» e invece conferma tutti i retroscena: con Napolitano «non c’è stata nessuna discussione ma è nella logicità delle cose che, se si fa un governo di coalizione insieme, si discute insieme del prossimo presidente della Repubblica».

 

Sfilano poi le dichiarazioni pirotecniche dei grillini, precedute da una telefonata «di cortesia» del ’capo’ al capo dello stato e seguite dal consueto straripamento via rete. I capigruppo di M5S, tra contraddizioni e insulti ai giornalisti – di cui scriviamo nella pagina accanto – confermano la loro indisponibilità a governi politici, tecnici, tentennando su quelli «pseudotecnici», qualsiasi cosa voglia dire. Qualsiasi cosa sia, M5S ribadisce un’idea di governo proprio e solo proprio, e non è informazione utile alla «riflessione» di Napolitano. Chiedono con nettezza le larghe intese invece gli esponenti di Scelta Civica. Le esclude in sequenza la delegazione di Sel, Vendola in testa. Quando arriva il turno del Pd, il rompicapo è consegnato al presidente tale e quale a com’era giovedì.

 

O forse no. La delegazione democratica è formata dal ’pontiere’ Enrico Letta e dai capigruppi Luigi Zanda e Roberto Speranza. Bersani non è della partita, ovviamente: è a Piacenza, in queste ore il suo rango di presidente pre-incaricato benché «congelato» è superiore a quello di segretario del partito. All’uscita, il suo numero due pronuncia parole impegnative. Rilancia la «Convenzione costituente» come luogo «di coinvolgimento di tutti sulla necessaria riforma dello stato», ma rovescia sul Pdl la responsabilità della «contrapposizione» e dello «scontro tra le forze politiche» di questi anni, e dei «troppi no ascoltati» che «rendono non idoneo un governissimo tra le forze politiche tradizionali». Il governo di larghe intese, dunque, non ci sarà. E a sera questa resta l’unica certezza. Alfano reagisce male: il Pd tenta di scaricare «responsabilità che sono tutte e solo sue». Di fatto però le parole di Letta non chiudono a un governo del presidente. Che però, secondo chi ha parlato oggi con Napolitano, non sarebbe nelle intenzioni dello stesso presidente. Chi ci ha parlato ha avuto netta l’impressione che il presidente è pronto a giocare la carta delle sue dimissioni anticipate per sbloccare lo stallo e far partire subito le votazioni per il prossimo inquilino del Colle che avrà, cosa che lui non ha, la carta dello scioglimento delle camere.

 

Magari come «mission» di un breve governo di «scopo». Non calano neanche le quotazioni dell’ipotesi dell’incarico a Bersani, eventualmente per compiere il traghettamento alle urne. La conclusione di Letta è un dichiarazione di fiducia totale in Napolitano: «Non mancherà il nostro supporto alle decisioni che prenderà nelle prossime ore». Impegnativa per il Pd, che se la scelta cadesse su un «governo del presidente» dovrebbe aprire, al proprio interno, una discussione durissima.