Questa mattina nello storico Palazzo dei Congressi di Trieste si terrà l’Assemblea degli Azionisti di Generali, il più importante gruppo assicurativo italiano, nonché tra i maggiori al mondo.

Al di là dei non troppo celati dissapori tra Caltagirone e il gruppo Mediobanca, primo azionista della società triestina, rispetto alla composizione del prossimo CdA, l’assemblea di oggi sarà anche l’occasione per capire se Generali fa sul serio in materia di lotta ai cambiamenti climatici.

Per questo parteciperanno azionisti critici e attiviste da più parti d’Europa, in rappresentanza della rete internazionale Unfriend Coal, di Greenpeace e di Re:Common.

Lo scorso novembre, la compagnia assicurativa ha approvato una policy che prevede il disinvestimento di 2 miliardi di euro dalle società legate al carbone, la più inquinante tra le fonti fossili, e uno stop alla copertura dei rischi per la costruzione di nuove miniere e centrali.

Tra le assicurazioni europee, Generali è purtroppo una delle più attive nel comparto carbonifero polacco, con ben cinque utility assicurate. Tra queste spicca Pge, la principale società energetica del paese, ma soprattutto la seconda più inquinante in Europa dopo la tedesca Rwe.

Nella policy approvata a fine 2018, Generali ha fatto sapere di aver iniziato un processo di ingaggio con Pge e altre cinque società – quattro di cui sempre polacche più la Ceca Cez – la cui prima fase è terminata il mese scorso.
Qualora le sei utility non avessero presentato dei piani di transizione entro questo termine, il Leone di Trieste si era impegnata, nero su bianco, a «scaricarle».

Una cosa è certa, Pge ad uscire dal carbone non ci pensa neppure. Anzi, la sua strategia è di continuare a bruciare polvere nera fino al 2050, costruendo almeno una nuova centrale e due miniere. Lo stesso vale per la Ceca Cez, che grazie al carbone produce quasi la metà dell’energia nei suoi impianti, e che è intenzionata ad espandere la miniera di Bilina, nella Boemia settentrionale, per mantenerla operativa fino al 2035. La direzione scelta da queste società è perfettamente chiara, bruciare carbone finché i depositi non si esauriranno.

Qualora Pge e Cez riuscissero a realizzare i loro piani di espansione, per l’Europa il percorso verso la transizione energetica si farebbe estremamente complicato.

Oltre a costituire la minaccia principale per il clima, il carbone causa enormi impatti ambientali e sanitari, come esporranno in assemblea Monika Sadkowska, dell’associazione polacca Rt-On, e Nikol Krejcová, di Greenpeace Repubblica Ceca.

Insieme a loro, gli azionisti critici presenti chiederanno a Generali di tagliare definitivamente i rapporti con l’industria carbonifera in questi paesi invece di supportare, coprendone i rischi, i loro piani di sviluppo scellerati.

Non farlo sarebbe prima di tutto un atto deleterio per il clima e la salute dei cittadini europei. Ma costituirebbe anche una violazione della policy approvata lo scorso anno da Generali, il che comporterebbe un danno reputazionale e una notevole perdita di credibilità per il Leone di Trieste. Generali deve scegliere cos’è più importante: fare affari con il carbone o diventare leader nell’azione climatica. E deve mostrare a tutti quanto vale la sua parola.

* Re:Common