Enzo Apicella ci ha lasciato. Con un sorriso appena accennato.

Lo stesso sorriso con cui ha disegnato i suoi cartoons, le sue battute più ilari, le sue invettive contro l’ingiustizia sociale, la repressione della nazione palestinese, l’ipocrisia dei governi di Roma e di Londra.

Ha diviso la sua vita e le sue attività fra la capitale britannica e quella italiana. Settant’anni di collaborazioni a quotidiani come The Guardian, domenicali come The Observer, The Punch e in Italia dal napoletano Zazà al Messaggero, a Liberazione, al Tg3 e a Telemontecarlo.

Ha viaggiato per tutto il mondo scrivendo corrispondenze e disegnando vignette, dall’Unione sovietica a Cuba, dal Nicaragua al Salvador. Comunista militante, non ha risparmiato con la sua satira tagliente i dirigenti voltagabbana della sinistra sia italiana che britannica.

A novantasei anni, fino a pochi giorni fa ha continuato a disegnare, a sorridere e a far ridere.

Tra i suoi bersagli favoriti ha annoverato i vecchi dirigenti del Pci che avevano radiato i compagni del manifesto. Una vita vissuta da napoletano anglicizzato, popolare a L’Havana come a Manchester e a Managua.

Ieri, sapendo quanto siamo stonati, alla domanda «Cosa posso fare per te» ha risposto: «Cantami una canzone».