«Non credo nell’originalità, ma nella Storia dell’arte», affermava Ad Reinhardt nel 1958. Tra i maestri della pittura astratta americana degli anni Sessanta, conosciuto più per i suoi dipinti monocromi, i Black paintings — tanto amati dagli artisti minimalisti — Reinhardt è stato anche un acuto divulgatore che, attraverso fumetti, vignette satiriche, collage ha riflettuto e illustrato temi e questioni importanti come il razzismo, l’antisemitismo, la discriminazione razziale e la didattica dell’arte.

HA REALIZZATO più di tremila disegni apparsi su numerose pubblicazioni americane, di cui una selezione di circa 250 opere è ora presentata per la prima volta in Italia nella personale Ad Reinhardt. Arte + Satira, ospitata nelle due sedi della Galleria Civica di Modena, fino al 20 maggio.
La mostra raccoglie le vignette realizzate tra gli anni Trenta e Cinquanta per la rivista marxista americana New Masses e per i periodici The Student Advocate, The Fight Against War and Fascism, e per altri numerosi pamphlet. Collaborazioni che, a quel tempo, non passarono inosservate. Le vignette disegnate per il pamphlet The Races of Mankind, scritto dagli antropologi Ruth Benedict e Gene Weltfish della Columbia University nel 1943, riguardanti questioni razziali, suscitarono le proteste del Congresso degli Stati uniti che ne bloccò la distribuzione. Dell’opuscolo erano però già state vendute oltre un milione di copie in tutto il mondo: fu adottato nelle scuole medie e divenne fonte d’ispirazione per spettacoli teatrali, album da colorare e poster.

Ad Reinhardt, Untitled, 1945

ALTRETTANTO DIROMPENTE fu la serie How to look at pubblicata dal quotidiano liberale PM nel 1946 in cui, attraverso diagrammi e collage, l’artista cercava di spiegare la genesi dell’arte cubista, della percezione dello spazio e dell’arte astratta americana. Opere straordinarie in cui riusciva a sintetizzare concetti complessi con ironia tagliente e grande acume intellettuale. In quelle complesse illustrazioni, in cui assemblava suoi disegni a riproduzioni di opere di Braque e Picasso, Max Ernst e Albrecht Dürer, creava una sintesi tra il lavoro di John Berger e Mark Lombardi. Il primo, per la sua capacità di interpretare e decodificare le immagini vinse il Booker Prize nel 1972 con il libro Questione di sguardi, mentre l’artista Mark Lombardi realizzava diagrammi che chiamava «strutture narrative» per visualizzare la scena geopolitica e gli eventi storici dei tardi anni Novanta del Novecento. Diagrammi basati su eventi storici, tanto che dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001 alcuni agenti dell’Fbi si recarono al Whitney Museum of American Art di New York (che ha in collezione diverse sue opere) per visionare i diagrammi riguardanti lo scandalo della Bank of Credit and Commerce International, che aveva sottratto 12 miliardi di dollari ai suoi contribuenti.

AD REINHARDT non aveva la drammaticità di Lombardi, ma ne ha condiviso la scientificità. Con lui la didattica dell’arte diventa infotainment, un divertente détournement per ironizzare sulla necessità, imperante in quegli anni negli Stati Uniti, di spiegare ogni singolo aspetto del fare artistico.

NELLE VIGNETTE per i periodici ARTnews, trans/formation e Art d’aujourd’hui, fu piuttosto critico sulla scena contemporanea, introducendo una sorta di Institutional Critique dall’interno del sistema, come ha dichiarato il critico e curatore Robert Storr, tra i primi a occuparsi di questo aspetto del suo lavoro. «Ad Reinhardt ha studiato e insegnato storia dell’arte per gran parte della sua vita, dal 1946 al ’67, anno della sua prematura scomparsa. Organizzava conferenze visive, presentazioni di diapositive simili a maratone chiamate ’non-happenings’ in cui trasformava una lezione di storia dell’arte in uno show in cui contaminava geografia, storia sociale e artefatti artistici, proiezioni che sono ora visibili presso la Palazzina dei Giardini. Ho ritenuto opportuno inaugurare il programma espositivo della neonata Fondazione Modena Arti Visive con questa mostra per sottolineare l’importanza dell’educazione visiva nella società contemporanea, che deve essere conosciuta e studiata in modo interdisciplinare per poter essere compresa e vissuta non in modo passivo ma consapevole. Siamo fagocitati dalla velocità delle immagini, ma non abbiamo il tempo di metabolizzarle per capirne il significato», afferma la curatrice e direttrice Diana Baldon.
Tanti gli appuntamenti che accompagnano la mostra. Il 26 aprile si parlerà de I primi 50 anni di Sturmtruppen tra memoria e avanguardia come indica il titolo dell’incontro, mentre How to look: l’arte spiegata da Ad Reinhardt sarà tenuto il 17 maggio da Robert Storr, direttore della Biennale di Venezia nel 2007 e docente di pittura alla Yale School of Art di New York.