«Abbiamo fatto qualcosa di davvero importante, e forse non tutti se ne sono davvero accorti. Come sardine siamo nate a novembre dicendo che bisognava colmare il gap tra politica e persone, e tre mesi dopo siamo finiti di fronte a ministri che ci hanno ascoltato con rispetto prendendo appunti. È qualcosa che dobbiamo ancora elaborare davvero, ma questo non significa che rinunciamo alle nostre idee. Anzi. Vigileremo sull’autonomia differenziata, e sul memorandum Italia-Libia la nostra posizione è chiara e uguale a quella che abbiamo sul decreto sicurezza: quello resta un accordo che va stracciato». A dirlo è Massimiliano Perna, 40 anni, giornalista freelance, siciliano e ora impegnatissimo a nuotare con il movimento delle sardine. «Ho iniziato a impegnarmi nel movimento lo scorso novembre – spiega Perna – mi piace ricordare sempre a tutti che dopo Bologna e Modena è arrivata subito la piazza di Sorrento. Il sud per le sardine è una questione di vitale importanza».

Proprio per discutere di sud e autonomia avete incontrato i ministri Provenzano e poi Boccia. Come siete usciti da quegli incontri?
Con Provenzano il dialogo è stato ricco e reciproco. A Boccia abbiamo portato tutte le nostre preoccupazione sul tema dell’autonomia, che se gestito male può diventare un inganno e una gabbia feroce per il meridione. Studieremo tutti i documenti che ci ha fornito e poi valuteremo, ma ci hanno fatto piacere le sue rassicurazioni, a partire dalla predisposizione di un disegno di legge quadro che stabilirà limiti chiari sull’autonomia di ogni Regione. Boccia ha parlato di paletti costituzionali che non potranno mai essere superati.

Sarete ascoltati davvero? Sul decreto sicurezza avete detto parole chiare, ma di concretezza da parte del governo non ce n’è stata.
È vero, ma noi continueremo a chiedere l’abrogazione del decreto in tutti i suoi aspetti, non solo sulle questioni riguardanti l’immigrazione. Ci sono anche le misure repressive contro i poveri, sbagliate perché il problema è sempre a monte e di natura sociale. Altro tema quello del contrasto alle mafie. La norma che permette la vendita con trattativa privata di beni confiscati sotto i 400 mila euro è un indiretto aiuto alla criminalità organizzata. Non è certo questa la sicurezza di cui ha bisogno il paese.

Dopo l’ascolto e il dialogo arriverà il momento in cui le sardine pretenderanno?
C’è chi ci chiede di essere più duri. Ma noi abbiamo il nostro stile e non lo cambieremo, alla politica e alle istituzioni ci stiamo presentando col rispetto di chi non è forza politica. Andiamo, ascoltiamo, dialoghiamo. Ma saremo anche sempre nelle piazze quando bisognerà difendere i nostri valori non negoziabili.

Come si recupera il rapporto tra persone e istituzioni?
È la politica prima di tutto a soffrire di questo scollamento. Le sardine hanno portato le persone nelle piazze, indirizzandole per giunta verso qualcosa non di antipolitico, ma al contrario di profondamente politico. Tutto questo serve prima di tutto agli amministratori, e c’è per fortuna chi se ne sta accorgendo. Noi non siamo andati in piazza a insultare la politica, siamo andati a chiedere alla politica di cambiare, con la disponibilità ad aiutarla. L’incontro con i ministri è un primo passo. Aspettiamo ora di incontrare il presidente del consiglio.

A proposito di antipolitica, domani i 5 Stelle saranno in piazza per protestare contro la «casta» e i vitalizi.
Liberi di farlo, ovviamente è legittimo e democratico manifestare. Voglio però solo dire che quello stesso impeto me lo sarei aspettato per questioni più importanti, ad esempio per la difesa dei diritti delle persone. Avete mai visto i 5 Stelle manifestare per questi temi?

Voi volete incontrare Conte, che però in passato ha governato proprio con Salvini e si è anche definito populista, per giunta rivendicandolo.
Incontreremo Conte perché è il presidente del consiglio, e noi abbiamo rispetto delle istituzioni. Siamo sardine, con umiltà andremo ad ascoltare perché non abbiamo l’arroganza di dare lezioni a nessuno, ma le nostre idee non spariranno di certo.

Ad esempio c’è la questione del memorandum Italia-Libia.
Parlo a titolo personale perché quei documenti dobbiamo ancora analizzarli assieme. Posso dire che nel nuovo accordo vedo molta ipocrisia, un timido tentativo di introdurre la questione dei diritti umani di fronte ad una sostanziale non volontà di cambiare la situazione. Se capiterà a me, a Conte lo dirò forte e chiaro: i migranti non sono un nemico, e in Libia vengono torturati. È inaccettabile e quell’accordo è da stracciare.