Portoscuso (tradotto dal sardo all’italiano, Porto nascosto) conta poco più di 4.000 abitanti. Piccolo paese sulla costa sud occidentale della Sardegna, ha tre frazioni: Bruncuteula, Paringianu e Portovesme. Quest’ultima ha un porto dal quale si può raggiungere l’isola di San Pietro. Ma soprattutto Portovesme è la sede del più importante distretto industriale sardo, un polo dell’alluminio e dello zinco che dà lavoro a 3.600 operai, impiegati negli stabilimenti dell’Eurallumina, dell’Alcoa e della Portovesme srl, che sorgono dentro il perimetro del porto, a poche decine di metri dal mare. Così come nell’area portuale è stata costruita una centrale Enel a carbone che da sola produce il 45 per cento dell’energia elettrica generata in Sardegna. Ora il decreto semplificazioni, approvato dal governo Draghi e convertito nella legge 120 dell’11 settembre 2020, prevede che Portovesme venga costruito anche un deposito di gas metano da 110 mila metri cubi, uno dei punti della rete attraverso la quale la Snam, nelle intenzioni del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, dovrebbe rifornire di metano industrie e famiglie sarde. E qui i problemi sono due.

IL PRIMO E’ UNA QUESTIONE DI SICUREZZA ed è stato sollevato da Sardegna pulita, uno dei gruppi ambientalisti più attivi sul territorio. «E’ una follia costruire un deposito di metano – dice il portavoce Angelo Cremone – all’interno di un’area industriale in cui sono attivi una centrale termoelettrica a carbone e stabilimenti ad alto tasso di incidenti come quelli del polo metallurgico. I rischi sono altissimi. Tanto è vero che a Livorno la capitaneria di porto si è opposta alla costruzione di un deposito Snam del tutto identico a quello che vorrebbero piazzare a Portovesme e la gasiera è stata sì realizzata, ma su una piattaforma sul mare a ventidue chilometri dalla costa. Con un documento diffida consegnato al prefetto di Cagliari abbiamo chiesto che la capitaneria di Portovesme faccia come quella di Livorno e blocchi la costruzione del deposito di metano a ridosso della centrale Enel e degli impianti Eurallumina, Alcoa e Portovesme srl».

IL SECONDO PROBLEMA ALLARGA L’ORIZZONTE del caso Portovesme, inserendolo nella guerra sul futuro della produzione energetica che si combatte a livello nazionale. La costruzione del deposito metano rientra in un piano di metanizzazione della Sardegna contro il quale sono schierati tutti i gruppi ambientalisti, che si sono riuniti in un Comitato No Metano. L’attore principale della partita è la Snam, multinazionale del gas che ha come azionista di riferimento Cassa depositi e prestiti, vale a dire lo Stato. Il decreto sulla Sardegna approntato da Cingolani prevede la costruzione di depositi di gas sulle coste (tutti da rifornire attraverso navi gasiere), la realizzazione di mini gasdotti da costruire in funzione delle richieste di allaccio alle reti cittadine (in maggioranza gestite da Italgas) e infine, dove non arrivano i mini gasdotti, un sistema di fornitura alle utenze attraverso il trasporto su strada con autobotti. Oltre quello di Portovesme, sono in programma un deposito a Porto Torres, due a Oristano e uno a Cagliari. Il tutto per un investimento di 300 milioni di euro. «La Snam – spiegano gli ambientalisti del Comitato No Metano – prevede una capacità di stoccaggio netta di metano di 110.000 metri cubi a Portovesme e di 25.000 a Porto Torres. Sono dimensioni che colpiscono. Stando infatti ai dati ricavabili dai progetti dei depositi costieri già approvati (i due di Oristano e quello di Cagliari) si arriva a stimare una capacità di movimentazione di metano a Portovesme di 3,12 miliardi di metri cubi per anno. Una quantità incredibilmente elevata, superiore a ogni previsione del Piano energetico e ambientale della Sardegna (Pears). A progetto realizzato, l’isola avrà nel complesso una capacità di movimentazione di gas pari a 5,8 miliardi di metri cubi, dalle sei alle dodici volte superiore alle stime del Pears, che prevede un consumo minimo di 462 milioni di metri di metano per anno e uno massimo di poco superiore ai 900 milioni».

INSOMMA, MENTRE CINGOLANI DICE DI VOLER avviare la transizione ecologica privilegiando le rinnovabili, di fatto continua a dare spazio al metano. Una scelta che viene incontro sia alle strategie della Snam, che il gas lo distribuisce, sia agli obiettivi dell’Eni, che il gas lo estrae in varie parti del mondo e vuole continuare a venderlo. «La sintesi – dicono ancora gli ambientalisti di No Metano – è chiara: la Sardegna viene chiamata a cogestire la fase calante del mercato del gas naturale. Di fatto questo significa, qualunque cosa a parole Cingolani sostenga sulle rinnovabili, rallentare o cancellare la realizzazione di un nuovo corso energetico basato sulle fonti non fossili e sulle comunità energetiche. Nell’isola sono già stati avviati con successo progetti di autoproduzione dal basso con rinnovabili a Villanovaforru e a Ussaramanna, due piccoli paesi nel sud dell’isola. E’ questa la strada giusta, bisogna percorrerla con convinzione».

E’ VERO CHE IL PROGETTO SNAM E’ MENO INVASIVO del piano di realizzazione di un mega gasdotto da Cagliari a Sassari con diramazioni capillari destinate a portare il metano in ogni angolo dell’isola, ma, aggiunge il Comitato No Metano, «nella sostanza le cose non cambiano con il progetto Snam fatto proprio da Draghi. Con il decreto del governo infatti il gasdotto si comincia a realizzarlo ugualmente, anche se a tratti nelle sole aeree di Cagliari e di Sassari. E non viene data alcuna garanzia che non si ritorni successivamente al vecchio progetto della dorsale Cagliari-Sassari, per il quale continua a premere la Regione Sardegna. La verità è che le infrastrutture previste dal ministro Cingolani per l’isola non fanno altro che allungare la vita del metano proprio mentre la scienza suggerisce di abbandonarlo perché responsabile del riscaldamento globale almeno quanto l’anidride carbonica. Il futuro della Sardegna e del mondo non può essere il fossile».