Sono 136 i lavoratori in presidio permanente davanti allo stabilimento della Sapa Group di Priverno, a Latina. Un’azienda che, come del resto l’intero settore italiano, ha contribuito a creare la crisi di competitività che oggi lamenta: determinando una sovracapacità produttiva che l’ha aiutata a ottenere incentivi statali e comunitari.

Un’incapacità di programmazione industriale alla quale si aggiunge il dazio del 6% imposto dalla Ue sull’importazione dei semilavorati di alluminio (le cosiddette “billette”): un’assurda protezione tariffaria per un settore che copre appena il 40% del fabbisogno a livello comunitario e di fatto aumenta la competitività dei produttori non Ue.

Sono questi sostanzialmente i motivi che hanno portato i dipendenti a lottare contro un’azienda che non vuole sentire ragioni. Le soluzioni ci sono, ma manca la volontà di concretizzarle: basta chiudere una linea di produzione e attraverso i normali strumenti della cassa integrazione si potrebbe dare facilmente continuità produttiva all’impianto. Invece da maggio di quest’anno tutti quei 136 operai rischiano il licenziamento.

Con l’indotto si possono perdere ben 236 posti di lavoro. Un’emorragia continua per una provincia che ha il 14% di disoccupazione (40% quella giovanile) e che è priva di una classe dirigente adeguata a far fronte alle emergenze; ma soprattutto tradizionalmente restia a considerare una priorità il lavoro e i lavoratori. Secondo l’ultima indagine de Il Sole 24 Ore, in sette anni di crisi la provincia di Latina, la parte più a nord dell’ex Cassa per il Mezzogiorno, ha pagato il prezzo più alto. Disoccupazione, servizi scadenti, criticità sociali, ambientali, occupazionali.

La Fiom è il sindacato più attivo e determinato a non perdere neanche un posto di lavoro. Gli altri sindacati si sono già persi per strada, o vacillano paurosamente, e per questo sono stati puniti: nei giorni scorsi gli iscritti hanno ritirato la delega alla Cisl e oggi affiancano i metalmeccanici Cgil.

Il segretario generale della Fiom di Latina, Tiziano Maronna, intanto, ha deciso di intraprendere lo sciopero della fame. La battaglia del sindacato riguarda non solo quei 136 lavoratori e le loro famiglie ma le ragioni di tutti quegli operai che in provincia di Latina da anni sono in lotta per difendere produzione, dignità, occupazione, futuro.

È bene ricordare che la Sapa (ex Alcoa) lavora l’alluminio: un metallo che è riciclabile al 100%, riutilizzabile all’infinito e capace di sostituire molti materiali non ferrosi. Un settore che è già abbondantemente dentro i canoni della green economy. Bastano pochi investimenti è buona volontà per farcela entrare del tutto. L’azienda infatti, attiva dal 1975, tutt’oggi dispone di reparti di eccellenza all’avanguardia a livello nazionale ed europeo: anodizzazione, taglio tecnico e officina matrici ne sono un esempio.

Fiom e Cgil di Latina hanno organizzato la “Notte bianca per la Sapa”, per consentire a cittadini e istituzioni di manifestare impegno e solidarietà a quei lavoratori che hanno “deciso di non togliersi il cappello”. All’iniziativa ha partecipato anche il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, che ha aperto la discussione ricordando che sul lavoro e sui lavoratori non si tratta ma che con loro si combatte per difendere dignità e diritti.

Le proposte della Fiom di Latina sono chiare: riguardano intanto l’immediato inizio della cassa integrazione di 12 mesi: ma per motivi di crisi aziendale (perfettamente risolvibili) e non per cessazione dell’attività. Sarebbe un tempo utile per un’eventuale riconversione degli operai o del sito, o per valutare possibili offerte. Inoltre, la cassa integrazione per crisi interromperebbe la mobilità che rimarrebbe una soluzione riproponibile allo scadere dei 12 mesi.

Dal canto suo, invece, la Sapa, che ha sistematicamente disertato il tavolo di confronto al ministero dello Sviluppo, chiede lo smantellamento del presidio in cambio di un accordo per l’utilizzo della cassa straordinaria per cessazione e di un incentivo all’esodo, oltre alle ipotesi di ricollocazione di circa 15 lavoratori per effetto della cessione del ramo d’azienda del reparto ossidazione.

La Sapa, inoltre, secondo la Fiom, starebbe facendo pressioni per attribuire agli operai in lotta la responsabilità dell’eventuale mancato accordo. La tecnica è ben nota: se stai zitto ti licenzio, se ti ribelli ti licenzio ugualmente e in più ti prendi anche la colpa. I dipendenti, dopo la chiusura non preannunciata dei cancelli dell’azienda, dal 7 luglio si sono riuniti in assemblea permanente.