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La sana mescolanza del kuzu

La sana mescolanza del kuzu

Generi alimentari Kuzu? Sento già gli sbuffi spazientiti di qualcuno: «Ma che è questa mania dell’esotico? Con questi nomi, poi. Scrivete piuttosto di spaghetti, cotolette e patate fritte, che quelle piacciono a […]

Pubblicato 22 giorni faEdizione del 5 settembre 2024

Kuzu? Sento già gli sbuffi spazientiti di qualcuno: «Ma che è questa mania dell’esotico? Con questi nomi, poi. Scrivete piuttosto di spaghetti, cotolette e patate fritte, che quelle piacciono a tutti». A parte che anche le patate vengono da lontano e che c’è voluto qualche secolo per farle arrivare sulle nostre tavole, è un fatto che quasi tutti i nostri alimenti usuali e molti piatti tradizionali sono il frutto di contaminazioni, di contatti e di scambi con mille altre culture e usanze. A cominciare da due classici della gastronomia italiana (la polenta e fagioli e la pizza), per la cui realizzazione abbiamo avuto bisogno di robuste iniezioni di novità provenienti da migliaia di chilometri di distanza. Per non parlare del peperoncino, della zucca, dei mandarini, delle albicocche, della mela, dell’aglio, del riso, ecc.

Imponenti scambi e contaminazioni che hanno contribuito nei secoli a costruire la nostra gastronomia, ad affinare il nostro gusto e, non dimentichiamolo, ad ampliare le possibilità di sopravvivenza. Una regola generale della vita, questa delle contaminazioni. Ogni sistema biologico, infatti, dal nostro organismo fino alla complessa società umana, diventa più stabile, equilibrato e sano proprio dalla mescolanza e dalla contaminazione. Biodiversità si chiama oggi.

Torniamo al kuzu. È una polvere bianca ricavata dalla macinazione delle radici di una pianta, la Pueraria lobata, appartenente alla famiglia delle leguminose. Originaria del Giappone, ma coltivata anche nella Cina centrale ed orientale e da tempo anche in America. È obbligatorio utilizzare il kuzu? Ovviamente no, ma è utile conoscerne le caratteristiche positive e le qualità terapeutiche per poterlo usare al bisogno. Anche perché, per chi soffre di gastrite, acidità di stomaco, reflusso gastroesofageo, infiammazioni importanti dell’apparato digerente come il morbo di Crohn o la colite ulcerosa, l’uso regolare di kuzu può contribuire a ridurre il consumo di farmaci e a limitare il rischio di riacutizzazione dei disturbi. Utile anche per chi soffre di stipsi e di ragadi anali. Potete usarlo in cucina come addensante per sughi, dolci, gelati, composte e per dare una consistenza vellutata e cremosa a zuppe, minestre e passati di verdura.

La proporzione da utilizzare è di 2 cucchiaini da caffè scarsi ogni 100 g di liquido (brodo vegetale, succo di mela, anche semplice acqua) da far sobbollire per cinque minuti. Il kuzu non ha sapore e non modifica quello dei cibi ai quali viene aggiunto.

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