La chiamata da Cannes è giunta inaspettata per Paolo Virzì, che con il suo La pazza gioia è stato selezionato per il concorso della Quinzaine des Realisateurs dove il film verrà proiettato il 14 maggio, per poi arrivare sugli schermi italiani tre giorni dopo, il 17. «Avevamo già i manifesti e i trailer pronti che indicavano l’uscita in sala il tre marzo», dice il regista che sarà al Festival francese per la prima volta. «Cannes è una calamita per l’ego dei registi – scherza – per cui abbiamo cambiato i nostri programmi in corso d’opera. Sono contento di condividere la selezione con un monumento del cinema italiano come Marco Bellocchio e anche con un nostro allievo, che io e Francesca Archibugi abbiamo selezionato al centro sperimentale di cinematografia: Claudio Giovannesi».

La sceneggiatura di La pazza gioia è stata scritta a quattro mani dal regista proprio con Francesca Archibugi: «La prima persona – ricorda Virzì – a cui ho raccontato la mia idea». Un’idea nata durante le riprese del Capitale umano, il suo film precedente interpretato anch’esso da Valeria Bruni Tedeschi, protagonista insieme a Micaela Ramazzotti di La pazza gioia. «Durante una visita di Micaela sul set mi è rimasta impressa l’immagine di lei che camminava mano nella mano con Valeria, seguendola con un’espressione al contempo di fiducia e terrore».

Nel film selezionato a Cannes, Beatrice (Bruni Tedeschi) e Donatella (Ramazzotti) si conoscono in una comunità terapeutica per donne con disturbi psichiatrici: «I ’matti’ mi hanno sempre incuriosito – spiega il regista – non bisogna avere paura di loro, ma di chi ha paura della pazzia». Pur se diversissime tra di loro – o forse proprio per questo – le due un giorno scappano insieme come Thelma e Louise anche se, dice Virzì, «di quel film mi ricordo solo il finale». Il riferimento, più che altro, «è alla Blanche Dubois di Un tram che si chiama desiderio di Tennessee Williams, specialmente per il personaggio di Beatrice». E Valeria Bruni Tedeschi aggiunge di aver pensato anche a Cate Blanchett in Blue Jasmine di Woody Allen.

«Amo molto i personaggi femminili – spiega il regista – ma soprattutto quando si tratta di donne ’sbagliate’, escluse, stigmatizzate, non di figure virtuose». Dall’incontro e dalla fuga di Beatrice e Donatella «nasce una grande euforia», continua Virzì. «È come una fortissima terapia che le due si fanno a vicenda».

Dal momento in cui le due protagoniste scappano il film diventa – con le parole dell’autore – una «commedia avventurosa». Ma ci sono anche dei momenti psichedelici: «Per raccontare la follia, l’inquietudine, la percezione alterata della realtà». «Ma soprattutto è un film realista – conclude Virzì – perché tutto ciò che accade è possibile, anche se attraversato da situazioni fiabesche».