Appena è stata annunciata dal presidente russo la cancellazione del progetto South Stream, il titolo Saipem in Borsa ha subìto, in seguito alle vendite, un continuo calo, scendendo al più basso livello degli ultimi sei anni.

Con il blocco di South Stream, Saipem (Gruppo Eni) perde il contratto per la costruzione della prima linea del gasdotto sottomarino e un altro contratto per i lavori di supporto della seconda linea, per un valore complessivo di 2,4 miliardi di euro, cui si sarebbero aggiunti altri contratti se il progetto fosse andato avanti.

Si prevedono intanto pesanti ripercussioni per l’occupazione. L’azienda, appartenente per il 43% all’Eni e per il 57% ad altri azionisti, opera a livello internazionale nel campo dell’estrazione e della ricerca di idrocarburi. Ha oltre 50mila dipendenti di 132 nazionalità, il 14% dei quali in Italia.

In seguito alla cancellazione del progetto South Stream saranno annullate o drasticamente ridimensionate le nuove assunzioni che la Saipem prevedeva per accrescere il proprio organico in Italia. Non si esclude neppure un taglio dell’attuale organico.

La cancellazione del progetto South Stream assesta quindi un duro colpo non solo alla Saipem ma ad altri settori dell’industria e dei servizi, nel momento critico in cui cala la produzione e, di conseguenza, l’occupazione.

Basti pensare che il terminale del gasdotto a Tarvisio, previsto nel progetto originario, avrebbe potuto essere l’hub di smistamento del gas russo in altri paesi europei e quindi fonte di forti introiti e incremento di posti di lavoro. Tutto questo ora viene vanificato. Mentre traggono vantaggio dalla cancellazione del South Stream le compagnie statunitensi, come la Crevron, impegnate a rimpiazzare il gas russo fornito alla Ue. Non resta che ringraziare «l’amico americano».