Sono troppi i consigli che da più parti si vogliono indirizzare alle sardine. Spesso, dotati di presunta saggezza contro i rischi che sicuramente (si prevede) incontreranno nel loro cammino (“le bassezze della disperazione”, così li ha chiamati Barbara Spinelli). Oppure consigli dettati dal timore che consumati uomini politici, saggisti, politologi e tutti i protagonisti del circo mediatico conoscono bene per avere sempre fallito. E tuttavia non sanno cosa fare fuori dalla nomenclatura dei partiti, se non ripercorrere le stesse strade che conducono verso gli stessi fallimenti. Ognuno avanza qualche suggerimento sia pure precisando che lo fa per aiutarli a capire; talora in punta di piedi, sommessamente, ma lo fa.

A me viene in mente il titolo di un vecchio libro di Gregory Bateson, l’ultimo che non ha mai portato a termine per la morte sopraggiunta in fase di scrittura. Quel titolo era, Dove gli angeli esitano (originale del 1979, per Adelphi 1989 e terminato dalla figlia Mary Catherine). Il titolo esprimeva la sua esitazione davanti a interrogativi che egli sentiva essere nuovi e che richiedevano una saggezza diversa e un diverso coraggio.

Nella fattispecie Bateson aveva capito di essere ormai prossimo a quella dimensione integrale dell’esperienza cui dava il nome di sacro. Ma non è il concetto di sacro che qui interessa quanto invece il carattere inedito di una rivolta silenziosa che, nello spazio di qualche settimana, ha mandato a pezzi il vocabolario e i modi urlanti e comunicativi della classe politica, in primis la Lega. E che richiederebbe silenzio e ascolto, se non rispetto, prima di pronunciare parola.

Forse il loro messaggio è proprio questo: noi siamo le generazioni future, quelle tradite dalle promesse della modernità, quelle post-ideologiche, quelle dell’eterno presente che non passa mai; dovete ascoltarci senza ricordarci le vostre sconfitte, gli errori che voi pensate di risolvere con quegli stessi strumenti che vi hanno portato a commetterli. A cominciare dal linguaggio che si è fatto volgare, rozzo, intriso d’odio e disprezzo per gli altri. Alberto Leiss (il manifesto, 17 dicembre) afferma provocatoriamente richiama quanto “oggi la politica sembra ridotta alla spasmodica ricerca del consenso, funzionale al potere, e ricercato grazie ai linguaggi più rozzi e semplificati. Se invece del “modello potere” si provasse a seguire un “modello piacere”? Nel senso più alto del termine?”.

C’è qualcosa di nuovo nel movimento delle sardine, abissalmente diverso dai movimenti che fin qui abbiamo conosciuto: un nuovo linguaggio, un’Ecumene che non significa che siamo tutti uguali, un’imprecisione politica che non significa non stare da una parte, che vuol dire piuttosto ripartiamo dalle nostre esistenze, per approdare, esitanti, a un terreno sconosciuto dove ogni consiglio che viene da fuori è estraneo e astratto, perché non è il nostro. Dobbiamo cercare noi la nostra strada e gli “errori” faranno parte di questo percorso, di questa storia. Nessuna “verità” è data per sempre e noi dobbiamo ricercare la nostra, ma neppure partiamo dal nulla, la Costituzione è eredità del passato che dobbiamo custodire perché patrimonio collettivo che dobbiamo e vogliamo fare nostro. Così come i decreti sicurezza non fanno parte della nostra cultura e del nostro linguaggio.

Una nuova saggezza politica dove anche gli angeli esitano? Il silenzio è d’obbligo, ogni suggerimento, pur dotato di presunta saggezza, è inutile perché l’approdo è sconosciuto ma proprio per questo carico di opportunità inedite, non escluso il ritorno all’oblio nell’indifferenza totale, nelle attese riposte in chi dice che bisogna cambiare ma continua a suonare la stessa vecchia musica.

Strade e sentieri ben noti hanno fallito con nostro grande stupore e delusione. Lasciamo dunque che siano loro, le “sardine”, a suggerire altri sentieri, chissà che non li si incontri, prima o poi, quando entrambi parleremo lo stesso linguaggio, quello della Politica con la P maiuscola. Come nell’aforisma dei giganti e dei nani: i nani guardano oltre perché situati sulle spalle dei giganti che a loro volta non saprebbero cosa fare senza assolvere questo ruolo di silenzioso supporto.