Dalle rivolte del 2011 a oggi non sono mancati i momenti di panico in Egitto. I primi a pagarne le conseguenze sono sempre stati stranieri e turisti. Rappresentati come responsabili e vittime della crisi politica, economica, sociale e di sicurezza che sta attraversando il paese. Sarebbero ventimila i turisti europei, prevalentemente britannici, bloccati a Sharm el-Sheikh mentre tutti i principali paesi Ue (incluse le linee aeree turche) hanno bloccato i voli per la località balneare del Mar Rosso (fin qui Alitalia ha solo rafforzato i controlli all’aeroporto del Cairo).

I pochi voli che hanno lasciato il principale aeroporto del Sinai hanno chiesto ai passeggeri di viaggiare con i soli bagagli a mano. Ad accrescere il panico nello scalo egiziano è arrivata la decisione di Mosca, che per bocca del presidente Vladimir Putin, ha stabilito lo stop ai voli russi verso l’Egitto in attesa che si faccia luce sulle cause del disastro aereo dell’Airbus 321 Metrojet dello scorso sabato, costato la vita a 224 persone. Fino a poche ore prima Mosca parlava di semplici «congetture» in riferimento all’ipotesi attentato, scagliandosi contro Washington e Londra che davano quasi per certo l’attacco dei jihadisti dello Stato islamico (Is). Anche il presidente degli Stati uniti, Barack Obama, ha accreditato l’ipotesi attentato intervenendo in una trasmissione radiofonica.

«Stiamo prendendo molto seriamente l’ipotesi che vi fosse una bomba a bordo», ha detto. Ma le autorità russe hanno cercato di gettare acqua sul fuoco e assicurato che la decisione di sospendere i voli, e in questo modo lasciare nel Sinai circa 45mila connazionali, che dovranno rientrare gradualmente nelle prossime settimane, non sta certificando l’ipotesi attentato.
In verità questo attacco, se confermato, sta assumendo i connotati di una sorta di 11 settembre per Mosca, colpevole tanto quanto gli Usa, la Gran Bretagna e gli altri alleati di aver attaccato gli interessi di Is in Siria e Iraq.

A far convergere anche l’Intelligence federale russa (Fsb) sull’ipotesi che una falla nella sicurezza dell’aeroporto, o la semplice corruzione di un addetto ai controlli abbia permesso a un insospettabile di piazzare una valigetta nella stiva dell’Airbus, sono arrivate ieri intercettazioni di Intelligence, rese note dalla stampa inglese, in cui alcuni jihadisti discutono della possibilità che dell’esplosivo fosse collocato nel velivolo pochi minuti prima del decollo. Il direttore dell’Fsb, Aleksandr Bortnikov, ha assicurato che le indagini stanno andando avanti con la collaborazione delle autorità egiziane.

E così alcune fonti russe accreditano ancora l’ipotesi del distacco della coda del velivolo che era stata riparata negli anni scorsi. Questo avrebbe causato lo schianto del volo, come emerso dai primi studi su una delle scatole nere. Secondo indiscrezioni pubblicate dai media francesi, mentre le indagini sulle scatole nere recuperate nel luogo dell’impatto andrà avanti per settimane, in una delle registrazioni si sentirebbe il rumore di un’esplosione nella stiva.

Questa notizia è stata categoricamente smentita dal ministero egiziano dell’Aviazione civile. L’esercito ha inviato le sue forze speciali all’aeroporto di Sharm dopo la sospensione dei vertici responsabili della sicurezza dello scalo. Un colpo così duro al turismo in Egitto metterebbe in ginocchio la già provata economia del paese.

Che sia ancora presto tirare delle conclusioni sullo schianto dell’Airbus concorda anche l’Ue che discuterà della questione durante il Comitato per la sicurezza aerea, previsto per il 18 novembre. Caso nel caso, sono le vignette pubblicate ieri dal periodico satirico francese, oggetto di un attacco terroristico nel gennaio scorso, costato la vita ad alcuni dei redattori, Charlie Hebdo. In alcune vignette si ironizza sull’impegno russo in Siria e sulla qualità dei voli low cost russi. Queste immagini hanno suscitato un’ondata di indignazione delle autorità russe che hanno duramente criticato la redazione del giornale.

Le falle nel sistema posticcio creato dopo il golpe del 2013 in Egitto stanno emergendo. I primi a pagarne le conseguenze sono purtroppo i cittadini di quei paesi, da Londra a Mosca, che più hanno sostenuto le mire dell’ex generale fondate solo sul terrore.