La Russia ha deciso di chiudere temporaneamente – fino al 20 febbraio – tutte le frontiere all’ingresso dei cinesi. è una decisione che potrebbe avere ripercussioni nel rapporto tra Mosca e Pechino considerando la sensazione cinese di «accerchiamento» vissuta nelle ultime settimane

Sono finalmente servite a qualcosa le critiche dei virologi sulla quarantena della Diamond Princess nel porto giapponese di Yokohama. Dopo aver lasciato che sulla nave si contagiassero oltre 540 persone, diversi governi hanno deciso di rompere l’isolamento e vanno a riprendersi i propri cittadini bloccati sulla nave. Lunedì è toccato a 340 passeggeri statunitensi e 350 di Hong Kong saliti sui primi charter, a cui seguiranno australiani, neozelandesi, canadesi e italiani. La scoperta che tra i contagiati a bordo c’è anche un passeggero italiano ha spinto il ministro Di Maio a accelerare i tempi: “li porteremo a casa nei prossimi giorni con un volo militare”, ha dichiarato, ma difficilmente l’aereo decollerà prima di giovedì.

In Cina i nuovi dati confermano un rallentamento del contagio al di fuori dell’Hubei. dove ieri i nuovi casi sono stati solo 79. Nella provincia di Wuhan rimane sostenuto (ma stabile) a quota 1800 casi giornalieri. Nel complesso, i casi confermati sono oltre 73mila, tredicimila dei quali sono guariti. I morti sono più di 1900.

Il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie cinese ha pubblicato ieri lo studio più completo su oltre 44mila persone che hanno contratto il COVID-19, tutte quelle che si sono ammalate fino all’11 febbraio scorso. Lo studio ha confermato molte informazioni già emerse in altre ricerche e ne ha smentite altre, con un’affidabilità molto maggiore dovuta alla dimensione della casistica considerata.

Lo studio conferma che le vittime del coronavirus, come nella maggior parte delle polmoniti, si concentrano tra le persone più anziane: oltre l’80% dei morti aveva più di sessant’anni e solo lo 0,9% delle persone contagiate ha meno di 10 anni. Circa l’81% dei casi ha avuto solo sintomi lievi, anche se probabilmente i casi più favorevoli sono ancora più numerosi soprattutto nell’Hubei, la provincia-epicentro. Lo conferma il rapporto tra morti e malati, che nell’Hubei è del 2,9% mentre fuori dall’Hubei è sette volte inferiore (0,4%): dato che la malattia è la stessa, è presumibile che molti casi lievi o asintomatici nell’Hubei, dove il sistema sanitario fatica a tenere il passo dell’emergenza, non si siano nemmeno presentati ai medici. Invece, nelle regioni in cui i casi sono meno numerosi è stato più facile effettuare il test anche su malati in buone condizioni, così da aumentare i casi da confrontare con i morti.

Ben il 3,8% dei casi è rappresentato da operatori sanitari, che contano oltre 1.700 ammalati. In proporzione, i cinque morti registrati tra i sanitari sono solo lo 0,5%. Probabilmente anche questa statistica è influenza dalla copertura del campione, maggiore tra i lavoratori degli ospedali. Al conto ieri si è aggiunto il primario dell’ospedale di Wuhan. Secondo il rapporto, uomini e donne si ammalano all’incirca negli stessi numeri, ma tra i morti le donne sono solo il 36%. È possibile che nell’evoluzione della polmonite incida la diversa percentuale di fumatori tra gli uomini, oltre il 50%, e tra le donne, meno del 3%.