6936104-guitar-on-fire

Una cavalcata verso la terra della speranza. Guerriglia musicale. Rivolta giovanile». È in queste parole che probabilmente si può ritrovare il senso più profondo del nuovo romanzo di Lorenzo Mazzoni, intitolato Quando le chitarre facevano l’amore, uscito di recente per le edizioni Spartaco (Santa Maria Capua Vetere, pp. 352, euro 12). Dedicato ai mitici anni Sessanta, ambientato in gran parte nel 1968 in America, il nuovo lavoro di Mazzoni risulta difficile da incasellare all’interno di un genere definito. Si tratta di un noir? Di una spy-story? Di una sorta di romanzo storico? Di un viaggio nel tempo e nello spazio? Di tutto questo, sicuramente, e altro ancora. Forse, in realtà, non si tratta d’altro che del tentativo, riuscito, di rievocare e celebrare quel periodo, la nuova cultura giovanile che allora esplodeva ovunque – ovunque trovando ostacoli e resistenze – comunicandone innanzitutto il sapore, libertario, egalitario, di rottura di schemi e stili di vita e modi di pensare, ormai incancreniti.

Tutto ha inizio nel 1945, nella Berlino ormai sconfitta e in rovina, quando Martin Bormann, l’uomo più vicino ad Adolf Hitler, si allontana dal bunker in cui si sono uccisi gli altri gerarchi nazisti. Oltre vent’anni dopo, settori deviati dei servizi americani e israeliani pensano di identificare Bormann nella persona di Martin Weisberg, chimico ebreo austriaco, scampato al campo di Treblinka, trasferitosi negli Stati Uniti e diventato una figura di spicco all’interno del movimento radicale americano. Weisberg, infatti, finanzia e supporta una rock band, i Love’s White Rabbit, ha creato una sorta di comune in Texas e supporta e partecipa a tutte le iniziative dei movimenti di opposizione. Si scatena allora una caccia all’uomo che vede coinvolti, oltre ad americani e israeliani, un cacciatore di nazisti italiano di piccolo calibro, un reduce dal Vietnam completamente fuori di testa e un attore sudamericano cieco – nessuno però è in grado di accorgersi della sua anomalia – che vive facendo il sosia del presidente del Guatemala, è un fan sfegatato di Charles Bronson e si chiama Paco Ignacio (omaggio forse a Paco Ignacio Taibo II).

La galleria di personaggi, davvero indimenticabili, è arricchita da Lolicia Smith, agente americana e, soprattutto sacerdotessa del Caos e dalle sue bellissime collaboratrici, da due killer israeliani che si spacciano in maniera a dir poco improbabile per messicani e di cui uno ama indossare scarpe da donna rosa con i tacchi, da due agenti del Fbi, di cui uno, pur essendo nero non sopporta i neri, da una scultrice che sta creando un busto di Edgar J. Hoover usando marijuana e hashish e dai componenti dei Love’s White Rabbit. C’è poi uno scheletro di un garibaldino, da sempre innamorato di Anita Garibaldi e, soprattutto, una chitarra che insieme ad altri strumenti musicali fa un po’ da controcanto alle vicende che accadono e, inoltre, sembra quella che meglio comprende il senso di quel periodo.

24clt2pezzosotto

La vicenda si allarga andando a toccare avvenimenti accaduti nell’Ottocento e luoghi lontani. E vedrà coinvolti personaggi storici: sarà una lettera ricevuta dal generale Giap a svelare il mistero che regge l’intera storia.

Una trama avvincente e complessa, ricca di colpi di scena. Un perfetto mix tra fatti avvenuti realmente e accadimenti inventati. Una scrittura intrisa di ironia ma perfettamente in grado di cimentarsi con la violenza più estrema. Una narrazione capace di suscitare il sorriso, la commozione, la rabbia e la malinconia. Sono questi gli elementi che rendono l’opera di Lorenzo Mazzoni davvero interessante, stimolante e coinvolgente. Alla fine, come in tanti film a partire da American Graffiti, in due «Finali di gruppo», viene rivelato il destino dei vari personaggi. E la Les Paul GoldTop serie 1957/58 pronuncerà, o meglio «emetterà», le sue ultime parole: «Quelli erano i tempi in cui noi chitarre facevamo l’amore. Erano i tempi della guerriglia musicale. Erano i tempi del rock & roll».