Da ragazza ciò che mi inorgogliva di più, quando compravo il Manifesto, era l’etichetta: «quotidiano comunista». Arrivare a scuola con il Manifesto ben in vista piegato nella tasca dei jeans un pò strappati era un modo per manifestare a tutti la mia identità, il mio credo politico, le mie idee. Il Manifesto in tasca mi faceva sentire rivoluzionaria. Col passare degli anni, i contenuti diventavano prioritari a scapito delle apparenze e le etichette iniziavano a darmi sempre più fastidio e a starmi strette. Ora, in questa fase della mia vita in cui sono sempre meno attratta dalla frenesia dell’informazione, il Manifesto rimane un compagno fedele, non più un simbolo da mettere in tasca. Concordo in pieno con Schopenhauer che diceva: «leggere tutti i giorni il giornale è inutile come guardare nell’orologio la lancetta dei secondi».Nonostante ciò uno dei pochi quotidiani che continuo a leggere con interesse è proprio il Manifesto perché non è l’informazione dell’istante che offre, diventata gossippara come nella maggior parte dei giornali, ma l’analisi critica, il punto di vista e il respiro internazionale. Da anni uno dei miei appuntamenti mensili è il 15 di ogni mese in cui esce Le Monde diplomatique tradotto dal Manifesto, a conferma dell’attenzione alle questioni internazionali e terzomondiste che questo quotidiano da sempre mostra di avere. Anche adesso che ogni tanto leggo Le monde diplomatique in francese, mi è rimasta comunque l’abitudine di comprarne la versione italiana del 15 di ogni mese. Consiglio ai lettori di abbonarsi e di non perdere l’abitudine di leggere un quotidiano che ha dimostrato di essere un compagno coerente e fedele. Abbonarsi al Manifesto permette a questa voce alternativa di continuare ad approfondire e a farci riflettere e perché no, a provare ancora quel brivido adolescenziale di sentirsi un po’ di sinistra e di credere nella realizzazione dell’utopia comunista.