Nonostante l’inizio ufficiale delle primarie per le prossime elezioni sia febbraio 2020, la campagna elettorale Usa è già in corso e Bernie Sanders ha tenuto il suo primo comizio elettorale, scegliendo Brooklyn come piazza per lanciare la sua corsa verso la Casa bianca.

Nonostante il gelido sabato mattina, migliaia di persone sono intervenute per ascoltare il senatore del Vermont che ha parlato davanti al Brooklyn College, università che ha frequentato per un anno prima di trasferirsi all’Università di Chicago, dove domenica ha tenuto il suo secondo comizio, per sottolineare come l’importanza di un’istruzione pubblica gratuita sia uno dei punti chiave del suo programma.

Nel 2016 Sanders non aveva avuto altra scelta se non gestire la campagna elettorale da esterno al grande gioco politico, da disorganizzato, decentralizzato e improvvisato, ma già dal primo comizio nella nativa Brooklyn è evidente che stavolta stia organizzando un diverso tipo di campagna, facendo tesoro delle critiche e dei punti di forza emersi nel 2016.

Innanzitutto i suoi collaboratori principali non sono più solo maschi bianchi, per rispondere alla critica maggiore, quella per cui non avrebbe sfondato il muro del voto afroamericano. E il tentativo di rivolgersi maggiormente alla comunità nera si è sentito già nelle parole dell’attivista e giornalista Shaun King che, presentandolo, ha ricordato il passato di attivista del senatore 77enne e le sue lotte con i leader dei movimenti per i diritti civili degli afroamericani.

Sanders ha parlato dei suoi cavalli di battaglia, grazie a lui ormai presenti nei programmi anche dei democratici più moderati, come sanità, istruzione pubblica e minimo sindacale equo. Ma ha anche operato alcuni cambi strategici per conquistare un elettorato che nell’era di Trump non si focalizza solo sulla disuguaglianza economica, in un momento elettorale definito dall’inclusione e l’identità.

Ma il programma del senatore Sanders va molto al di là del 2029: «Qua non si tratta di vincere le primarie e la Casa bianca – ha detto Sanders – Qua si tratta di compiere una rivoluzione e cambiare il Paese». Per compiere questa rivoluzione toccherà ogni Stato, città e angolo d’America, pratica di tutti i candidati Dem, visto il successo inaspettato di Trump in aree considerate da loro sicure e perciò trascurate da Clinton nel 2016. Il senatore del New Jersey, Corey Booker, uno dei favoriti, da settimane batte gli Usa palmo a palmo e come lui la senatrice del Massachusset Elizabeth Warren.

Il comizio di Sanders, che non sembra tradire fatica nonostante l’età e gli impegni, ha riscosso l’approvazione totale della sinistra Usa, dalla rivista Jacobin agli ex membri di Occupy Wall Street, mentre ha evidentemente indispettito la parte democratica moderata o comunque più vicina all’establishment (come il New York Times che gli rimprovera di essere un accentratore) e che non vede il socialismo come un’opzione allettante per gli Usa.

Di certo Sanders continua a mobilizzare una base ancora più entusiasta di quella di due anni fa. «Lo sostenevo nel 2016 e lo sostengo ora – afferma Marcie, infermiera 27enne – Se Bernie, senza essere presidente e con Trump alla Casa Bianca, ha convinto Jeff Bezos ad alzare il minimo sindacale dei lavoratori di Amazon a 15 dollari l’ora, immagina cosa potrebbe fare da presidente! Ecco voglio vederlo, non voglio immaginarlo»