Per comprendere e assaporare tutte le appassionanti sfumature e implicazioni del documentario My Generation, condotto da Michael Caine con la regia di David Batty (uscita evento al cinema dal 22 al 29) bisogna fare un passo indietro, al 1945 quando la Gran Bretagna, due mesi dopo la sconfitta di Hitler, trovò il coraggio di silurare Winston Churchill, il conservatore capo del governo, che aveva portato il Paese alla vittoria.

In arrivo il film L’ora più buia, con Gary Oldman a interpretare il vecchio leone, ma vale la pena ripescare The spirit of ’45 di Ken Loach…

Lo dice nel film Marianne Faithfull, una ragazza bella e giovane che arriva a Londra per andare a una festa e si ritrova all’improvviso una star, che afferma come quella rivoluzione sociale per cui i giovani cockney negli anni ’60 potevano diventare protagonisti dopo essere stati sempre tenuti in un angolo, trova la sua origine in quelle elezioni vinte dal laburista Clement Attley.

La colonna sonora del film e della swinging London degli anni ’60 nasce da quella svolta perché i ragazzotti figli della classe operaia provenienti da Liverpool (Beatles), Londra stessa (Rolling Stones, Who), Newcastle (Animals), cambiano per sempre la musica e la società.

E con loro Mary Quant che accorcia le gonne, Biba, il negozio di abbigliamento ha più clienti di quanti visitatori abbia Buckingham Palace, Vidal Sassoon scolpisce i capelli con geometrie imprevedibili, David Bailey inquadra fotograficamente ragazze trasformandole in star internazionali come Jane Shrimpton e Twiggy (minuta proletaria esplosa come star, esilarante il suo duetto intervista sulla filosofia con sorpresa finale).

Poi c’è  l’Ad Lib, il locale di Leicester Square dove si può incontrare chiunque sia famoso, compreso Rudolph Nureyev, inarrivabile virtuoso nella danza classica ma imbranato alle prese con il twist.

E il free cinema, infatti il narratore è Michael Caine che si considerava il più maturo rappresentante dei giovani dell’epoca (è del 1933). Lui cockney doc, spassoso nel raccontare come si sia trasformato dall’anagrafico Maurice Micklewhite, nel più orecchiabile Michael White, e come da una cabina telefonica fu costretto a cambiarlo di nuovo quando vedendo il manifesto dell’Ammutinamento del Caine fece la scelta definitiva: Michael Caine. Senza mai neppure lontanamente pensare che sarebbe diventato quel che è oggi.

Ricorda anche il suo primo film da protagonista, Zulu, scelto solo perché il regista era statunitense, nessun inglese avrebbe scelto un cockney per interpretare un ufficiale di sua maestà. Poi venne Ipcress e una carriera magnifica, compreso lo sciupafemmine Alfie. Forse non è paragonabile a Firenze e al Rinascimento, ma quella stagione londinese ha davvero cambiato le carte in tavola, permettendo un rimescolamento sino a quel momento impensabile.

Eppure nonostante quel che era successo a livello mondiale, dagli Usa alla Francia, dal Giappone alla Germania e all’Italia, tutto cominciò a sciogliersi sotto i colpi prepotenti e vigliacchi dell’eroina che aveva soppiantato erba e Lsd riportando molti di quella generazione nei ranghi.