Lo sciopero mondiale per il clima di ieri ha acquisito un senso particolare in Europa in considerazione del barbaro attacco all’Ucraina. La riduzione della dipendenza dai combustibili fossili grazie alle rinnovabili ha infatti una doppia valenza.

Lo sciopero mondiale per il clima di ieri ha acquisito un senso particolare in Europa in considerazione del barbaro attacco all’Ucraina. La riduzione della dipendenza dai combustibili fossili grazie alle rinnovabili ha infatti una doppia valenza: le energie pulite non solo forniscono un contributo positivo nell’accelerare la transizione ecologica, ma incidono anche sulle importazioni di gas proveniente dalla Russia. In soli tre anni si potrebbe installare in Italia una quantità di rinnovabili tale da dimezzare le importazioni dalla Russia, dicono le imprese raccolte in Elettricità Futura.

Ma la disponibilità delle utilities ad investire rapidamente in questo settore è bloccata dalla lentezza delle autorizzazioni. E proprio le lungaggini burocratiche mettono a rischio il processo di decarbonizzazione e il raggiungimento degli obiettivi climatici al 2030 e al 2050. Ma non si tratta solo di questo. Sui giornali e alla Tv passano dichiarazioni del tipo «la crisi dell’Ucraina rallenterà la transizione energetica». Bisogna essere chiari su questo punto.

La decisione di aumentare le spese per gli armamenti sottrarrà risorse ad altre iniziative sociali e alla lotta climatica. Come anche la criticità nel reperimento di materiali utili alla transizione, pensiamo al nichel che vede nella Russia il terzo produttore mondiale, rappresenta certamente un elemento di freno. Ma l’impressione è che il treno delle rinnovabili a livello mondiale ha acquisito una forza tale, anche per la forte riduzione dei costi, da essere destinata ad imporsi. Certo in maniera diseguale nei vari paesi, ma dalla Cina agli Usa, dall’Australia all’Europa il crollo del prezzo di fotovoltaico, eolico e batterie inizia ormai ad imporsi.

È dunque chiaro che nella Ue, per sottrarsi alla dipendenza dal gas russo, si vedrà una fortissima accelerazione sui fronti della riduzione dei consumi e della crescita delle rinnovabili. Nei prossimi mesi ed anni, in particolare in Germania e in Italia, si potrebbe quindi innescare un deciso cambio di marcia. Non a caso Berlino, che già aveva stabilito l’obiettivo di avere l’80% di elettricità verde fra poco più di otto anni, ora punta al 100% di rinnovabili elettriche al 2035.

Da noi purtroppo non si vede lo stesso attivismo. O meglio, si assiste alla situazione paradossale di ambientalisti ed imprese che condividono la necessità e la possibilità di una rapidissima crescita. Si consideri che sono arrivati al gestore della rete elettrica, Terna, richieste di connessione elettriche per 150 GW rinnovabili. Cioè quasi il triplo di quanto servirebbe al 2030. Ma sul fronte autorizzativo ci sono forti blocchi: il Ministero dei Beni Culturali e le Soprintendenze rappresentano di fatto uno degli ostacoli principali alla riduzione dalla dipendenza dal gas russo in Italia.
Ci vuole dunque una vera e propria rivoluzione culturale. E una speranza viene dai giovani che sono tornati a manifestare in decine di città sollecitando un più deciso impegno per la lotta climatica, per la riduzione delle diseguaglianze e per un cambio radicale del paradigma economico dominante.

È interessante notare come allo sciopero per il clima si siano viste bandiere del sindacato. Sempre ieri, a Torino, Cgil e ambientalisti in un’affollata assemblea mettevano le basi di una piattaforma comune volta ad accelerare la transizione verso la mobilità elettrica. Un evento significativo considerate le possibili criticità di questo passaggio. Il governo finora è stato piuttosto assente, al contrario di quanto sta avvenendo in Francia, Germania e Spagna. Ha però partecipato all’incontro il ministro Giovannini che ha promesso una interazione attiva rispetto alla trasformazione industriale che dovrebbe portare al blocco della vendita delle auto a combustione interna dal 2035.
Del resto, i segnali climatici sempre più preoccupanti che arrivano, ultimo le temperature incredibilmente anomale in Groenlandia, ci indicano che occorre accelerare l’abbandono dei fossili.

I fronti sono molti, rinnovabili e mobilità elettrica tra questi. E bisognerà saper governare una transizione che sarà molto rapida. In assenza di segnali chiari dal governo, nuove alleanze potranno favorire il cambiamento.

L’autore è direttore scientifico Kyoto Club