Ci ha provato, il governo Renzi, a scaricare sui Comuni le spese del voto referendario di oggi. Una sorta di riduzione del danno decisa a pochi giorni dalla consultazione, quando ormai le probabilità di insuccesso avevano superato la soglia di allerta, e comunicata solo ieri. Ma la protesta, scoppiata prima in Sardegna e in Puglia poi via via in tutto il Paese, non appena i sindaci hanno ricevuto la comunicazione dalle prefetture, ha costretto il ministro dell’Interno Angelino Alfano ad un netto dietrofront. Almeno a parole.

«Le risorse relative al conguaglio di quanto anticipato dai Comuni per le spese organizzative, in occasione della consultazione referendaria, saranno rese pienamente disponibili a beneficio dei Comuni stessi», ha assicurato infine ieri con una nota il Viminale, senza però entrare nei dettagli della modalità di rimborso.

Poche ore prima come una doccia fredda la comunicazione prefettizia nella quale si annunciava la netta riduzione dei rimborsi delle spese elettorali sostenute dai comuni era arrivata nei 7.998 municipi italiani. I primi a reagire stizziti sono stati i sindaci sardi: con questi tagli si crea una «situazione che rischia di colpire i dipendenti comunali e le operazioni di gestione del voto», ha spiegato l’Anci Sardegna in una lettera indirizzata al presidente nazionale dell’Associazione, Antonio Decaro, esortandolo a «sollecitare con ogni dovuta urgenza l’intervento presso il Governo nazionale per ripristinare le dotazioni storiche assegnate alla Sardegna».

Anche dalla sua Puglia, ha ricevuto proteste, Decaro, sindaco di Bari: «A poche ore dell’apertura dei seggi, il ministero dell’Interno riduce del 60% le risorse destinate a sostenere le spese organizzative della consultazione referendaria sulla riforma costituzionale – denuncia l’Anci Puglia – Una vera e propria batosta per tutti i Comuni costretti a fronteggiare una spesa non prevista».

Un provvedimento «inaccettabile» per i sindaci pugliesi che si sono detti «pronti a mobilitarsi con azioni concrete da intraprendere nei prossimi giorni». I tagli, sottolinea il loro comunicato, «pongono fuori legittimità le adozioni degli atti per la consultazione referendaria. Il provvedimento emesso dopo il termine utile per effettuare variazioni, espone i Comuni al rischio di formazione di debiti fuori bilancio e ad azioni risarcitorie da parte di fornitori di servizi. Inoltre, questo taglio preclude lo straordinario elettorale per il personale: il Comune deve scegliere se pagare i fornitori o il personale comunale».

«È una pretesa inaccettabile», per il presidente dell’Anci Campania, Domenico Tuccillo, quella di «far ricadere sui singoli comuni gli oneri di un’organizzazione già preparata sulla base delle risorse a disposizione per le ultime elezioni», che peraltro mette «a repentaglio l’ordinato svolgimento della consultazione».

Il sindaco di Castiglion Fiorentino (Arezzo), Mario Agnelli, entra nel dettaglio dei tagli: «Le risorse assegnate sono state ridotte del 60% rispetto a quelle assegnate per il referendum del 17 aprile 2016 (trivellazioni, ndr). Nel nostro caso 10 mila euro anziché 26 mila. La comunicazione consegnata agli uffici pochissimi giorni prima del referendum destabilizza l’intera organizzazione».

Una levata di scudi talmente compatta, quella delle amministrazioni locali, che alla fine Alfano ha dovuto cedere. Il presidente Decaro gli strappa una promessa: il governo rimborserà tutte le spese. Non resta che fidarsi.