Due donne ferite e un ragazzo di nazionalità eritrea arrestato e condotto in carcere a Catania. E’ questo il primo bilancio della giornata di protesta e di scontri di ieri a Mineo, davanti al Cara.

Dopo l’assemblea che si è svolta davanti ai cancelli del centro di accoglienza mercoledì scorso, in occasione della giornata di azione globale per i diritti dei rifugiati, gli animi degli ospiti della megastruttura in provincia di Catania sono ancora sconvolti dalla tragica scomparsa di Mulue, il giovane eritreo in attesa del riconoscimento dello status di rifugiato politico dal mese di maggio di quest’anno che si è suicidato sabato scorso. Le ultime notizie da Lampedusa, con le immagini drammatiche dei maltrattamenti all’interno del centro di prima accoglienza, hanno fatto il resto, esasperando ulteriormente condizioni di vita già rese insostenibili dal limbo delle attese infinite dei pronunciamenti della commissione territoriale di Trapani e dalla precaria quotidianità del Cara.

«Negli ultimi giorni la vita dentro il Cara è stata resa ancora più dura dal nuovo giro di vite sulle regole» racconta Giuliana Buzzone, cronista di Caltagirone che ha seguito passo passo la manifestazione. «Prima i richiedenti asilo potevano uscire dalla struttura per un massimo di tre giorni. Adesso invece la loro libera uscita è si quotidiana, ma limitata all’orario 8- 20». «Fra le oltre quattromila persone obbligate a risiedere nella struttura ci sono persone che attendono per mesi una risposta dalla commissione territoriale insieme a chi ha già avuto il diniego» . Un limbo che alimenta disperazione e condizioni di sopravvivenza al limite della legalità. «Nessuno – né la commissione né i legali – comunica a queste persone quanto tempo dovranno attendere e neanche le motivazioni dell’eventuale rifiuto di concedere la protezione umanitaria». Fanno notare i militanti antirazzisti.

Così, alle prime luci dell’alba di ieri – erano le sei circa- all’interno del centro si è formato un corteo spontaneo con circa mille, mille e cinquecento richiedenti asilo di tutte le nazionalità che vi sono ospitate.

«Sono stati formati tre blocchi» racconta ancora Giuliana, «lungo la statale 417 Catania Gela. Il primo all’ altezza del distributore di benzina , il secondo presso il bivio per Mineo, il terzo a un chilometro circa dal Cara, in direzione del capoluogo».

I profughi, «non più di un centinaio» hanno eretto piccole barricate con pietre e copertoni esponendo cartelli con le principali richieste emerse dalle assemblee di questi giorni. «Tempi certi per le pratiche», «Vogliamo i documenti». Tutto si è svolto in tranquillità.

Diversamente è invece andata sulla provinciale per Palagonia. La maggior parte dei richiedenti asilo, fra loro anche donne e bambini, si è diretta in corteo verso la cittadina dopo aver tentato di raggiungere Catania, che dista però circa 35 chilometri dalla zona. E’ qui che a un certo punto sono partiti i lanci di lacrimogeni e le cariche della polizia che hanno lasciato a terra le due donne.

I militanti della Rete antirazzista catanese si stanno adoperando per garantire l’assistenza legale all’arrestato e richiederne la scrcerazione. Del giovane non sono state rese note le generalità. Mentre scrivendo è in corso un incontro al comune di Palagonia la cui amministrazione si farà portavoce presso il governo nazionale delle rivendicazioni dei richiedenti asilo.