Con un giorno di ritardo rispetto al previsto, il testo della legge di stabilità è arrivato ieri al Quirinale dove «sarà oggetto di un attento esame» da parte dei tecnici del Colle e resta in attesa della «bollinatura» della Ragioneria dello Stato prevista per domani. Da Bruxelles il commissario Ue agli affari economici Jyrki Katainen ha assicurato di lavorare alla lettera che confermerà, o boccerà, entro il 29 ottobre il primo atto di politica economica del governo Renzi: «Sono in contatto con le autorità italiane per avere dei chiarimenti su alcuni dati».

In attesa del duplice esame, il governo Renzi deve affrontare la rivolta dei comuni contro gli annunciati tagli da 1,2 miliardi di euro. Dopo le regioni, a cui Renzi e Padoan dovrebbero tagliare 4 miliardi, in trincea sono scesi i comuni.Il cannoneggiamento è iniziato di buon mattino. A guidarlo il sindaco di Torino, e presidente dell’Anci, Piero Fassino. «Continuare a far credere da parte del sistema dell’informazione che i Comuni sono dei centri di spesa parassitari è un’operazione disonesta – ha esordito al termine dell’ufficio di presidenza – Quello che non risulta chiaro dalla lettura della legge di stabilità, perché non è quantificato in cifre ma le parole hanno lo stesso un significato, è che l’istituzione del fondo per i crediti difficilmente esigibili, unito alla riduzione di 1,2 miliardi di spesa corrente, rischia di vanificare l’allentamento del patto di stabilità. Il saldo rischia di essere zero per i Comuni, se non addirittura negativo».

Poi la stoccata al sistema mediatico che si è accordato sulla lunghezza d’onda della campagna «anti-casta» usata da Renzi per nascondere l’austerità e i tagli lineari: «Continuare a far credere da parte del sistema dell’informazione che i Comuni sono dei centri di spesa parassitari è un’operazione disonesta – ha detto Fassino – Quando noi spendiamo lo facciamo per gli asili nido, l’assistenza domiciliare agli anziani, il tpl, la tutela ambientale, la promozione culturale, il sostegno alle fasce di disabilità o di fragilità; e quando investiamo non giochiamo i soldi al casinò, ma investiamo in infrastrutture, interventi di risanamento ambientale, in modernizzazione dei territori delle nostre città». Per Fassino è «intellettualmente disonesto» sostenere che i Comuni siano centri di spesa fuori controllo. «Su 100 euro di spesa pubblica, quella imputabile ai Comuni è il 7,6%. Su 100 euro di debito pubblico, i Comuni ne fanno il 2,5%».

Invece per l’ex sindaco di Firenze Renzi (segretario dello stesso partito di Fassino, il Pd) è normale e per questo sta pensando di tagliare il Welfare locale. Per il delegato Anci alla finanza locale e sindaco di Ascoli, Guido Castelli il risultato sarà devastante. «Usciamo da anni in cui abbiamo dato 16 miliardi al risanamento dello Stato e ora ci chiedono altri 4 miliardi: 1,5 di tagli diretti e 2,5 derivanti dalle minori spese dovute al nuovo sistema di contabilità – ha detto il sindaco di Ascoli – Il governo dei sindaci si ricordi la propria origine e restituisca ai sindaci la possibilità di erogare i servizi ai cittadini. La manovra è una mazzata inaspettata». Per i sindaci i comuni hanno già dato, ma per il premier Renzi dovranno continuare a dare. I tagli ammonterebbero a 4 miliardi, da aggiungere ai 16 tagliati in precedenza dai governi Monti e Letta. Si conferma una delle leggi dell’austerità all’italiana: i tagli al Welfare andranno a finanziare il calo delle tasse per le imprese. Domani, alle otto del mattino, ci sarà lo show down tra Renzi, i sindaci e i governatori. Dovranno trovare la quadra tra l’esigenza di tagliare il Welfare e quella di farlo sopravvivere ancora per un altro anno.

Non meno caldo ieri era il fronte delle regioni. Renzi ha incontrato a Torino per 75 minuti il governatore del Piemonte, e suo sodale politico nel pd, Sergio Chiamparino in occasione dell’inaugurazione del Salone del Gusto e di Terra Madre. Nel frattempo il governatore della Puglia Nichi Vendola (Sel) ha quantificato le conseguenze dei tagli alle regioni. «Il bonus bebè della Regione Puglia era 250 euro – ha detto – ma ora non lo potremo più dare perché dobbiamo finanziare noi gli 80 euro di Renzi». La Puglia subirà tagli da 360 milioni di euro e sacrificherà i gestori del trasporto pubblico locale e i piani di zona dei servizi locali. In arrivo anche tagli alla sanità. «Mi farò aiutare dai partiti che sostengono la maggioranza di governo a Roma, che sostengono Renzi: mi presentino le proposte concrete di tagli da fare» ha sibilato Vendola.

Meno caustico, ma preoccupato, è stato il governatore del Lazio Nicola Zingaretti (Pd): «Non siamo arrabbiati per le Regioni. Siamo preoccupati che i cittadini che sono stati vittime di anni di saccheggio dei soldi pubblici non vedano mai i risultati» delle buone pratiche messe in atto. Porte chiuse al governo da parte del governatore del veneto, il leghista Luca Zaia:«Senza la preventiva garanzia dell’applicazione dei costi standard, il Veneto non parteciperà alla cosiddetta trattativa con il Governo – ha detto – e impugneremo la legge di stabilità di fronte alla Consulta». Contro la manovra ieri si sono schierate le imprese assicurative. «L’aumento della tassazione sui fondi pensione dall’11 al 20%, insieme all’anticipo del Tfr in busta paga – ha affermato il presidente Ania, Aldo Minucci – è una misura «preoccupante, perché non si pensa più ai giovani e al loro futuro ma al presente».