Inarrestabile galoppata nella misoginia, Le streghe son tornate di Alex de la Iglesia, passato lo scorso anno fuori concorso alla Festa di Roma e distribuito nelle sale italiane lo scorso 30 aprile, ma ancora di più un viaggio che lega inestricabilmente il mondo contemporaneo alla tradizione spagnola più antica. Quella che proviene dalle leggende, dalla storia, dalla pittura e che probabilmente si è installata poi nel genere horror spagnolo tanto riconoscibile.

Las brujas, le streghe sono tornate in massa, ma il titolo non deve trarre in inganno, si tratta infatti di una commedia delle più esilaranti, ambientata nel presente della crisi ed Alex de la Iglesia è unico nel mescolare nel suo calderone umorismo, sarcasmo, follia, cattiveria, politicamente scorretto, rivisitazione dell’alto e del basso delle culture. Un inizio folgorante alla Puerta del Sol vede un gruppo di mimi di strada fare un colpo grosso al negozio di Compro Oro: tra la folla il Cristo con la corona di spine, tutto dipinto d’argento, aiutato dalle segnalazioni di Minnie e Topolino, Spongebob e l’Uomo invisibile, tira fuori il fucile dalla croce e irrompe con Hulk nel negozio accaparrandosi una borsa piena di fedi matrimoniali. Lo aiuta anche il figlio, un ragazzino ancora con la divisa della scuola che si diverte più che con la Playstation al nuovo gioco. È infatti il suo turno di tenere il figlio, divorziato dalla moglie, una vera strega che controlla tutto al cellulare.

Saliti su un taxi preso al volo, il suo compagno Hulk si mostra subito solidale e per primo confessa l’impotenza che lo assale di fronte al carattere rampante della sua fidanzata avvocatessa, come pure il cliente che si trovava nella vettura confessa i suoi guai ma viene subito chiuso nel bagagliaio e perfino il tassista collabora volentieri con loro grazie a quel senso condiviso di fratellanza: le donne, si sa, sono come una setta. Li aiuterà a portarli fuori confine sfuggendo alla polizia. Ma strada facendo eccoli arrivati in una zona dei paesi baschi famosa per i sabba – una specie di rave party del medioevo – dove nel ‘600 furono bruciate più di quaranta streghe. Lì troveranno un maniero assai misterioso, in un crescendo di parossismo di vecchie spaventose, bambini al forno, involtini di dita, sepolti vivi, e soprattutto il party delle streghe che arrivano a centinaia per fare la festa finale ai malcapitati.

Pensiamo al classicismo di Polanski dei vampiri e dimentichiamolo, qui si tratta di una vera sarabanda: gli attori sono utilizzati come un grande catalogo infernale (in Spagna c’è la più grande raccolta dei quadri di Bosch), grande scena di massa dove far comparire le personalità più famose da Carmen Maura, Mario Casas e Hugo Silva, Maria Barranco (una «chica» di Almodovar), Terele Pavez e l’inedita coppia di brujas Santiago Segura e Carlos Areces. Rispetto al ritmo frenetico del film che unisce in maniera umoristica situazioni paradossali e battute del tutto quotidiane, il finale sembra essere più ridondante, un po’ fracassone come un incubo da cui non si può uscire, anche perché non si sa bene cosa ci si aspetta: la rivincita delle donne? la ex moglie prenderà in mano la situazione e libererà tutti? i maschi bruceranno in un gran falò? Finirà per crollare tutto?

Questo marasma così tipico della cultura spagnola, questo andamento non lineare piace molto all’elaborazione colta di Alex de la Iglesia che ha scritto il testo con Jorge Guerricaechevarría con cui scrisse anche El dia de la bestia, la Comunidad e la serie televisiva: Film per non dormire: la stanza del bambino. Nei titoli di testa ci fissano tra le stampe e le pitture antiche, anche Greta Garbo e la Merkel.