«Life sta finendo, Look è finito, Paris Match è in crisi, i giornali italiani sono senza una lira, resistono solo i tedeschi. Per questo anch’io viaggio meno. Ma senza rimpianti, perché, in fondo, le cose grosse della mia vita le ho viste», scriveva Calogero Cascio (Sciacca 1927 – Roma 2015) nel 1972.

Per una lunga stagione i suoi reportage avevano attraversato la grande storia, fissando con uno sguardo analitico i cambiamenti della società italiana, dalla Sicilia a Roma (Ferdinando Scianna ricorda quella foto che Cascio scattò nel ’58 a Portella della Ginestra: una coppia di contadini che manifestavano), così come gli avvenimenti che sconvolgevano la quotidianità di tanti paesi sopra e sotto l’equatore: guerre, carestie, dittature, sfruttamento minorile.

NON È UN CASO che stabilitosi a Roma nel 1949, dopo la laurea in medicina e una breve esperienza come medico nelle borgate, avesse scelto di affidare alla fotografia, che sperimentava da autodidatta, un ruolo che non è solo di testimonianza. C’è una partecipazione emotiva che sfiora l’autentica indignazione per un mondo corrotto e ingiusto nelle immagini scattate con la Leica ed esposte in occasione di Calogero Cascio. Picture Stories, 1956-1971, prima antologica curata da Monica Maffioli con la collaborazione di Diego e Natalia Cascio, i figli del fotoreporter, al Museo di Roma in Trastevere (fino al 9 gennaio 2022), accompagnata dal volume edito da Silvana Editoriale. La fotografia come strumento di conoscenza, consapevolezza e rivendicazione in grado di tradurre l’universalità delle emozioni. Un bisogno che arriva dal profondo e che è la speculare visione politica di Cascio, come appare evidente anche nei suoi quattro libri fotografici: da Lazzaro alla tua porta (1967), pubblicato con Caio Mario Garrubba, a Vangelo a caso (1975).

TRA LE SUE ESPERIENZE più significative c’è stata sicuramente la collaborazione, a partire dal ’57, con Il Mondo diretto da Mario Pannunzio dove l’8 marzo 1966, prima dell’uscita dell’ultimo numero del periodico, venivano pubblicate le foto dei suoi potentissimi reportage in Vietnam del Sud e India. Anche l’incontro con il «gruppo dei fotogiornalisti romani» che gravitavano intorno all’agenzia Realphoto, da lui fondata nel ’63 insieme all’amico Garrubba e ai fratelli Antonio e Nicola Sansone (ne facevano parte Plinio De Martiis, Ermanno Rea, Franco Pinna) è un altro passaggio importante di una storia che va oltre il personale.