«Anche io sono stato vittima di abusi in seminario da parte di preti». L’imprevista rivelazione davanti alle telecamere di Tv2000 da parte di don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco e fondatore del Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza, scuote e introduce i lavori dell’Incontro mondiale sulla «Protezione dei minori nella Chiesa» cominciato ieri in Vaticano.

«Mi sono salvato con questo pensiero – prosegue don Albanesi –: i vigliacchi erano loro e non io. Non mi sono mai sentito vittima, perché le persone malevoli, subdole e delittuose erano loro, adulti, presunti o veri educatori. Erano da mandare al diavolo, perché non erano degni. E tutto questo mi è rimasto dentro per cinquant’anni. Il messaggio di Cristo è un messaggio infinitamente propositivo. Sono a volte, non tutti per fortuna, alcuni ad averlo intristito e reso cattivo. Cristo ha difeso i bimbi, la samaritana, i ciechi, gli zoppi. Cristo ha guarito e c’è purtroppo invece chi con le parole provoca ferite e anche la morte».

Non c’era bisogno della testimonianza «pesante» di don Albanesi per dimostrare ancora una volta quanto il crimine della pedofilia sia presente nel corpo della Chiesa. Esploso pubblicamente negli Usa agli inizi degli anni 2000, lo scandalo si è diffuso in tutto il mondo, tanto da costringere già papa Ratzinger a prendere i primi provvedimenti durante il suo pontificato. Oggi con papa Francesco, dopo nuovi casi dirompenti – in Cile e Pennsylvania, per citare solo gli ultimi –, un passo ulteriore: convocati in Vaticano i cardinali della Curia romana, i presidenti delle Conferenze episcopali, i capi delle Chiese orientali, i superiori e le superiori generali delle congregazioni religiose di tutto il mondo con un solo punto all’ordine del giorno: la pedofilia nella Chiesa cattolica, gli abusi e le violenze sessuali compiuti da preti e religiosi nei confronti di minori e giovani in ogni continente.

Non è un Sinodo, quindi non verranno toccati gli aspetti dottrinali, come il celibato obbligatorio, secondo molti, la causa profonda degli abusi, insieme al clericalismo e al potere del ruolo del prete. Ma potrebbero essere adottate misure concrete per tentare di contrastare il fenomeno e di dare giustizia alle decine di migliaia di vittime, come chiede Francesco aprendo l’incontro. «Dinanzi alla piaga degli abusi sessuali perpetrati da uomini di Chiesa a danno dei minori», dobbiamo «ascoltare il grido dei piccoli che chiedono giustizia», esorta il papa, che invoca «non semplici e scontate condanne, ma misure concrete ed efficaci da predisporre», con «parresia, coraggio e concretezza».

Il cardinale filippino Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila, pronuncia un mea culpa: «La mancanza di risposte da parte nostra alla sofferenza delle vittime, fino al punto di respingerle e di coprire lo scandalo al fine di proteggere gli abusatori e l’istituzione ha lacerato la nostra gente». L’arcivescovo di Malta Charles Scicluna, segretario aggiunto della Congregazione per la dottrina della fede e più volte inviato ad indagare sugli scandali di pedofilia (come in Cile), parla della necessità di «opportuno confronto con la giurisdizione degli Stati», perché gli abusi sessuali sono anche «reati» penali.

Ed è questo, la mancata collaborazione con le magistrature dei Paesi in cui gli abusi sono stati commessi, uno dei nodi dolenti per le istituzioni ecclesiastiche, che quasi sempre non denunciano, ma lavano i panni sporchi in famiglia, quando li lavano. L’arcivescovo di Bogotà Rubén Salazar Gómez punta il dito contro il «clericalismo» che si manifesta in molti modi: «negando la dimensione delle denunce presentate, non ascoltando le vittime, trasferendo gli accusati in altri luoghi dove essi continuano ad abusare, cercando di giungere a compromessi monetari per comprare il silenzio», mettendo «il mal compreso bene dell’istituzione ecclesiale davanti al dolore delle vittime e delle esigenze della giustizia», affermando «che la Chiesa non è e non deve essere soggetta al potere dell’autorità civile».

Il papa consegna a tutti un elenco di 21 punti, alcuni piuttosto concreti, su cui riflettere e lavorare: creare «strutture di ascolto, composte da persone preparate ed esperte», per un «primo discernimento dei casi» denunciati dalle vittime; «informare le autorità civili e le autorità ecclesiastiche superiori»; facilitare «la partecipazione degli esperti laici nelle investigazioni e nei diversi gradi di giudizio dei processi canonici»; «deliberare che i sacerdoti e i vescovi colpevoli di abuso sessuale su minori abbandonino il ministero pubblico»; «effettuare per i candidati al sacerdozio e alla vita consacrata una valutazione psicologica da parte di esperti qualificati e accreditati» e poi predisporre una «formazione permanente per consolidare la loro maturità umana, spirituale e psicosessuale»; istituire «organismi di facile accesso per le vittime che vogliono denunciare eventuali delitti», «autonomi rispetto all’autorità ecclesiastica locale».

La discussione, nei prossimi giorni, riprenderà da qui.