Mario Draghi conferma la crescita economica nel Vecchio continente ma per adesso non annuncia cambi di rotta nella politica monetaria della Banca centrale europea.

La ripresa dell’Eurozona corre, la crescita mondiale dà segnali positivi, per l’anno prossimo si punta su una «sincronizzazione» delle principali economie europee, che finora si sono mosse in modo molto diseguale con la Germania che trainava e l’area mediterranea in affanno. Così la Bce manterrà la stessa linea sul Quantitative easing, tassi bassi per stimolare l’economia lungo l’ancora fragile ripresa.

È il bollettino economico, pubblicato ieri, a confermare la linea della stabilità a Francoforte, nonostante lo scontento dei tedeschi: la politica di Draghi potrebbe cambiare solo con indicatori più forti, ad esempio se l’inflazione rialzasse la testa dall’1,5% a cui è ferma, fino ad allora resta sul tavolo il Quantitative easing. Per orientare le aspettative degli operatori economici, la Bce assicura che non abbasserà il bazooka.

Com’è spiegato nel documento, c’è «un ritmo sostenuto dell’espansione economica e un significativo miglioramento delle prospettive di crescita». Le stime del pil sono state riviste al rialzo, i miglioramenti nella redditività delle imprese e le condizioni di finanziamento molto favorevoli spingono gli investimenti societari.

Fatti che si traducono in un rialzo delle previsioni di crescita (2,4% per il 2017, 2,3% per il 2019 e 1,9% per il 2019) ma con un’inflazione pressoché ferma (1,5% nel 2017, 1,4% nel 2018 e 1,5% nel 2019).

«Le pressioni interne sui prezzi rimangono nel complesso moderate e devono ancora mostrare segnali convincenti di una protratta tendenza al rialzo. E così il Consiglio direttivo ha concluso che un ampio grado di stimolo monetario rimane necessario affinché le spinte inflazionistiche di fondo continuino ad accumularsi».

Nel merito, la Bce da gennaio ridurrà gli acquisti mensili a 30 miliardi di euro al mese in titoli. Manterrà le «consistenze» finora accumulate con il Quantitative easing, che hanno appena fatto gonfiare il suo bilancio verso l’ennesimo record di 4.487 miliardi di euro (nel 2014 erano circa 2mila miliardi).

E per farlo continuerà a reinvestire in titoli i bond che man mano vengono a scadere. Qualora fosse necessario a sostenere l’economia, la Bce manterrà anche l’impegno ad aumentare il Qe in quantità o nella durata degli acquisti.

Sul fronte dei tassi d’interesse, che rimangono ai minimi record, resta immutato l’impegno: non saliranno fino a ben oltre la fine del Qe, non prima quindi del 2019, anno in cui scadrà il mandato di Draghi.

Secondo la Banca centrale europea, poche variabili esterne sembrano essere in grado di mutare questo scenario. L’unico elemento che potrebbe scompaginare il quadro è il costo greggio: la Banca centrale europea nel documento analizza l’andamento dei prezzi petroliferi, elemento che potrebbe alterare il quadro in un’economia globale che, per adesso, va verso una robusta espansione e una crescita del commercio mondiale.