Spostare all’indietro le lancette della storia non si può, ma per rimediare agli errori, alle occasioni perse – non sempre per propria responsabilità – insomma per sfuggire definitivamente alla maledizione delle divisioni a sinistra, oggi una cosa si può fare: «Imparare dagli errori», spiega Nicola Fratoianni, «contribuire a un campo largo, radicale perché radicali sono le questioni che abbiamo di fronte». Ieri a Roma, in una sala del centro, quattrocento persone hanno affollato l’assemblea «Un mondo giusto ha un cuore rosso e verde», calcio d’avvio del congresso di Sinistra italiana.

NEL SUO GENERE un evento raro: la réunion delle anime disperse di buona parte della sinistra, dell’ecologismo. E degli ex M5s: ci sono Paola Nugnes, Elena Fattori e l’ex ministro Fioramonti, chiamato sul palco con un ironico «compagno».

Lui si descrive «impollinatore» di nuove vie.

«OGGI RIUNIAMO IL MEGLIO della sinistra e dell’ambientalismo italiano per porre tutti insieme alcune domande: come possiamo contribuire a battere la destra nella società, l’unica condizione per batterla anche nelle urne», è ancora Fratoianni. «Oggi la condizione del Pd è diversa rispetto a quando c’era Renzi. Voglio discutere con quel campo. Ma basta un unico soggetto? Misuriamoci sull’efficacia». Massimiliano Smeriglio, che con i suoi alle europee lo ha preceduto nel fronte comune con i dem contro le destre nazionaliste: «Dobbiamo ricomporre una diaspora. Se oggi siamo divisi qualche errore l’abbiamo fatto. Guardiamo avanti. Dobbiamo costruire un’agenda comune. Unità e radicalità», dice, interrotto dagli applausi quando ricorda «i fratelli e le sorelle kurde» e «il movimento Morena» messicano, e «se il campo largo l’ha fatto un vecchietto 77enne», è il socialista americano Bernie Sanders, «possiamo farlo anche noi».

A DARE UNA PRIMA INDICAZIONE organizzativa è Elly Schlein, applauditissima leader della lista Emilia Romagna Coraggiosa (3,4 per cento, lei oltre 22mila voti, oggi è vicepresidente della regione): la sinistra o è «ecologista, progressista e femminista o non è», «Non sono qui a lanciare una Coraggiosa nazionale», avverte, «è presto per decidere un soggetto unico o federativo, dobbiamo arrivarci tutti insieme. Ma non possiamo illuderci che basti riproporre nome e simbolo senza cambiare metodo». Si sfila con grazia all’attesa che si è addensata intorno a lei, «il problema dell’uomo solo al comando non si risolve sostituendolo con un altro uomo o un’altra donna». Lo sostiene anche Norma Rangeri, direttrice del manifesto, che offre il giornale come esempio «da cinquant’anni di uno spazio unitario a sinistra, critico e onesto, e non chiuso in un recinto rassicurante». Per l’immediato Schlein propone «una rete permanente», scherza «facciamoci una chat», per costruire territorio per territorio forme di riaggregazione, guardando alle prossime amministrative ma sapendo che tutto il paese non è come l’Emilia. E poi c’è il Pd di Zingaretti che «si apre» ma non si capisce come e a chi. La proposta: «Al Pd dico di individuare le candidature a presidente insieme, laddove non sono state già stabilite».

MA LA BELLA NOVITÀ sono i tanti giovani amministratori. Come Marta Nalin, assessora nella Padova governata da una coalizione ampia che ora lancia a presidente del Veneto il vicesindaco Lorenzoni, già stravotato candidato civico. Come Massimo Zedda, due volte sindaco di Cagliari e oggi capo dell’opposizione alla regione Sardegna: «Serve una sinistra che mantenga lo stesso nome per almeno 24 ore». Come Amedeo Ciaccheri, presidente del municipio 8 di Roma e portavoce della campagna «Liberare Roma» (dalla sindaca Raggi: «La sfida del municipalismo è quella della democrazia, la riconquista della Capitale parlerà al mondo intero»). Claudia Pratelli, assessora al municipio 3 della Capitale («La casa politica che a me manca è quella della rigenerazione della sinistra»). E Marco Grimaldi, consigliere regionale piemontese che si appella al Pd che «convoca 10mila assemblee da solo». Ma Nichi Vendola avverte: «Non aspettate il big bang del Pd». Videomessaggio del sindaco di Napoli De Magistris. In platea c’è Luciana Castellina.

LA DIASPORA DEGLI ECOLOGISTI è un confronto nel confronto. Per la portavoce dei verdi Elena Grandi «dal cuore verde deve discendere tutto, se no saremo zoppi». Replica la senatrice Loredana De Petris: «La transizione ecologica non deve ricadere sui più deboli».

I TEMI SONO TANTI, e tante le voci dal palco: il sociologo Domenico De Masi dà una lezione sul reddito di cittadinanza; di salario parla il filosofo Francesco Raparelli. Il governo gialloverde non è in discussione, si sorvola sui delicati temi della prescrizione e del referendum sul taglio dei parlamentari. Ma da domani riparte la battaglia per cancellare i decreti Salvini, giurano De Petris e Palazzolo. Con cuore e mente a Giulio Regeni, e oggi a Patrik Zacki, il giovane egiziano studente a Bologna detenuto al Cairo. L’ex ministro Fabio Mussi: «Ma se il governo di cui facciamo parte bloccasse la vendita di sistemi d’arma, di navi militari, di cacciabombardieri al governo egiziano, non sarebbe una cosa decente? Dobbiamo chiederlo fortemente, dentro al governo, in parlamento e nelle piazze».