A suo modo e per imperscrutabili coincidenze e vicende soggettive la celebrazione dei duecento anni della nascita di Pellegrino Artusi, che cadrà il 4 agosto prossimo e sarà celebrata il giorno dopo a Forlimpopoli dalla trasferta romagnola della Milanesiana, e la nuova edizione per La nave di Teseo de La Scienza in cucina e l’Arte del mangiar bene s’intrecciano con il cupissimo inizio di quest’anno, segnato indelebilmente dalla pandemia globale del Covid19 e dal periodo in cui più di mezzo pianeta si era chiuso in casa. Una situazione questa del lockdown che per alcuni non ha portato solo preoccupazioni e piantato quei germi di follia – i cui esiti da qualche settimana in qua sembrano essere sempre più evidenti – in particolar modo in comportamenti non proprio giudiziosi, tesi a compromettere quanto di buono è stato fatto nell’adozione di provvedimenti cautelativi della propria e altrui salute dalla maggior parte degli italiani. Un «liberi tutti» che vuol dire tornare a vivere serve, ma con buon senso. Quel buon senso, oggi perduto e tutto di derivazione manzoniana, fatto proprio dalla borghesia mercantile illuminata di fine Ottocento e che pervadeva peraltro la quotidianità di Artusi.

Lockdown in cucina
Tornando a quei due mesi e mezzo in cui si era invitati all’autoreclusione e in quell’inedita situazione di isolamento, poco congeniale anche a chi non era tra i contagiati, né tra i cosiddetti asintomatici (almeno a sua insaputa), era tanto facile lasciarsi prendere da un insopportabile senso di noia quanto da oscillanti ed euforici sbalzi d’umore. Ma, moltissimi per fortuna non si sono persi d’animo ed anzi ingegnandosi hanno riscoperto un desiderio del fare, che per tanti uomini e donne si è espresso soprattutto in cucina. Ed è stato, quanto mai grati alla tecnologia, tutto un esplodere di discussioni in chat, «whatsappini», clip, videochiamate, consultazioni di blog, visioni in streaming, repliche tv, in cui lo scambiarsi ricette di nonne e madri è stato una cosa sola con la voglia di produrre in casa pane e pizze. Mai come allora si è avuta un’impennata delle vendite e conseguente penuria di farine e lieviti nei supermercati. Insomma un’ancora di salvataggio non è stata data da altro che dal cibo. Il passo è stato brevissimo da compiere: dalla cucina casalinga ad Artusi che a quel tipo di cucina domestica aveva dato un manuale e un nome, di fatto inventandola, il cammino è stato ancor più svelto. Ovviamente, per un libro, già fortunato in vita il suo autore e destinato ad essere il long-seller dell’argomento da più di cento anni – la prima edizione è del 1891, la quindicesima, l’ultima curata ancora da Artusi e uscita postuma è del 1911 (ed è a questa che si è fatto riferimento) – non bastava saper mettere due uova in padella e scottare delle tagliatelle. Ma l’aver costruito attraverso la sperimentazione diretta del modus operandi del gastronomo romagnolo, una personale utensileria che è venuta buona nel corso di più di dieci anni di studio e pratica, poteva essere ed in effetti così è stata di riparo da possibili critiche. Da ripensamenti e dubbi.

Officina personale
La personale officina artusiana ha di fatto svolto una funzione progettuale di preparazione all’edizione poi realizzata, la cui curatela pensata come ricostruzione del libro originale del 1911, è stata anticipata dalla lettura puntuale di tutto quanto era stato già pubblicato e a disposizione fino ad oggi (e dai colloqui e confronti con alcuni studiosi, e dall’affiancamento dall’edizione «turning point» curata da Camporesi nel 1970 e dall’edizione del centenario di Capatti più volte ristampata ed emendata) e battezzata da un libro assurdo, labirintico, effervescente, linguisticamente scoppiettante come Il piacere della gola di Folco Portinari, uscito nel 1986 e meglio conosciuto come il «romanzo della gastronomia». Dopo questo lavoro di recupero della letteratura esistente, si è avviata l’operazione di impacchettamento de La Scienza come prodotto editoriale che ha la sua prerogativa principale di un ritorno al futuro, cioè alla semplice lettura e consultazione. Dunque all’originaria destinazione. Non va assolutamente dimenticato che Artusi lavorava cortocircuitando informazioni e ricette altrui, nobilitando in scritture e riscritture un ruolo che poteva benissimo essere derubricato come compilatore.

Da Foscolo alle ricette
Altrettanto però non va assolutamente dimenticato che l’autodidatta Artusi squaglia le sue velleità di studioso di letteratura nell’insuccesso di due sue prove critiche, la biografia foscoliana e le «Osservazioni» su una piccola parte dell’epistolario del Giusti, stampate a proprie spese come d’altronde fu per La Scienza, che però rappresentano con vista strabica e non lasciandosi fuorviare da critiche poco pertinenti come l’inizio di quel lavoro di cesello linguistico e strutturale che darà forma al suo libro maggiore. Cresciuto nella sua unicità, ma non unico nella sua attività di scrittore. Pertanto, la predisposizione di un apparato curatoriale che incorniciasse La Scienza, avrebbe assunto caratteristiche divulgative, ante e post lettura del libro. Quasi fosse un’imbracatura da mettere e togliere a piacimento, finanche da saltare per andare subito alla consultazione delle ricette. Quindi si è scelto da una parte di informare il lettore per ampi cenni sulla biografia del nostro e dall’altra di lasciargli dischiuso, sulla soglia della consultazione degli indici artusiani, il personale commento critico aperto ad interpretazioni storico-culturali riferite alle pratiche giornaliere di Artusi e deii suoi fidi domestici, Marietta e Francesco, rappresentanti una sorta di anticipazione delle contemporanee forme di comunicazione, anche commerciale. In tutto ciò forse vi è la fortuna di un libro.

Fabio Francione*
*curatore di Pellegrino Artusi, la Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene, La nave di Teseo, 2020