Sta per concludersi l’ultimo atto della cinquantesima edizione del festival di Santarcangelo, la rassegna di arti performative più longeva d’Italia. L’anno scorso, l’erompere della pandemia ha sconvolto i preparativi in vista del cinquantenario. Il festival, con la direzione artistica dei Motus, ha dovuto ripensare totalmente programmazione e spazi, rinunciando a molti nomi provenienti dall’estero, dando spazio ad artisti nuovi e meno conosciuti. Negli ultimi anni, la musica ha assunto sempre più importanza all’interno del festival, dando vita a un programma di concerti autonomo, con concerti e dj set. A curare le proposte musicali di quest’anno è stato chiamato Chris Angiolini, gestore del Bronson e dell’Hana-Bi di Ravenna, direttore artistico di Transmission e del più bel festival estivo sulla spiaggia, il Beaches Brew. Attentissimo ai suoni nuovi e a personalità dirompenti, ha messo insieme un programma in cui c’è molta elettronica, sperimentazione, intransigenza: ci sono Alina Kalancea, Elasi, Emma Nolde, Rachele Basteghi dei Baustelle, gli Ovo di Stefania Alos Pedretti e Ryf (curatrici della sezione musicale durante il triennio guidato da Lisa Gilardino e Eva Neklyaeva).

GINEVRA NERVI, in concerto domani sera nello spazio dello Sferisterio, rappresenta al meglio l’identità contemporanea del festival. L’artista ligure si divide tra il suo progetto solista e il mestiere di compositrice di colonne sonore per il cinema. Nei suoi lavori, la ricerca parte sempre dalla voce, che viene poi manipolata e inserita in brani che si muovono tra l’elettronica e il dream pop. Tra aprile e maggio è uscito l’ultimo disco di Ginevra Nervi, Klastós, in due versioni: l’ep di quattro brani e la Rework edition, in cui i pezzi sono stati totalmente risuonati da altri artisti, Midori Hirano, Chevel, Lara Sarkissian, Alev Lenz. «È stato un esperimento molto interessante per me, mi sono resa conto che è un ottimo sistema per imparare delle cose nuove da altri colleghi» racconta Ginevra, «e per rendere la musica sempre fluida. La musica per sua natura non è statica, ha bisogno di essere continuamente manipolata».

Klastós, registrato nello studio personale di Ginevra Nervi a Rossiglione (poi mixato da Maurizio Borgna e ultimato da Damian Taylor), prende le rocce clastiche dell’Appennino ligure come metafora di un cosmo in cui tutto è interconnesso, che il narcisismo e l’individualismo umano sono pronte a distruggere. «Sono partita dal mio vissuto personale» spiega Nervi, «per raccontare qualcosa che si espande a una tendenza della società contemporanea che è purtroppo molto forte».

L’approccio personale della sua musica, in cui si fondono voce naturale e suoni sintetici, ha portato Ginevra Nervi a partecipare a diverse colonne sonore, per documentari come Fuoco Sacro (presentato a Venezia nel 2020), la serie di Netflix Curon (insieme a Giorgio Giampà) e a essere nominata a 27 anni per i David di Donatello per la soundtrack di Non odiare del regista Mauro Mancini, scritta insieme a Pivio e Aldo De Scalzo.

«SPESSP si tende a pensare che in questo paese le donne facciano fatica a dialogare con certi ambienti lavorativi. Io ho avuto la fortuna di trovare sempre delle persone che mi hanno coinvolto con gioia e voglia di collaborare. Sono cambiate le cose rispetto a qualche anno fa». Quello delle musiciste, in particolare legate alla musica elettronica, è un mondo che ha assunto sempre maggiore visibilità negli ultimi anni, anche grazie a nomi come Johann Merrich e la label Electronic Girls, o a Caterina Barbieri. Da qualche mese, le musiciste e producer Elasi e Plastica hanno dato vita a Poche, un collettivo di cui fanno parte anche Matilde Davoli, Whitemary e la stessa Ginevra Nervi. «Stanno entrando a far parte del collettivo tantissime ragazze, producer, compositrici, autrici. E questa è la dimostrazione che poche non lo siamo per niente», racconta Nervi. «Poche vuole essere anche una sorta di incoraggiamento per le ragazze più giovani. A 16 anni, quando cercavo di aprire un computer e capire come funzionava per crearmi le basi e i beat, ero veramente convinta di essere sola. Poi quando ti rendi conto che in tutta Italia c’erano migliaia di ragazze come te che cercavano di fare la stessa cosa, e che semplicemente mancava uno spazio dove potersi scambiare le idee, capisci che effettivamente poche non lo siamo mai state».