Rimedio alle trappole della seduzione mediatica, «perché con la retorica delle ideologie si finisce per pensare in modo indegno». Disciplina che permette a tutti la libertà «di analizzare a fondo il presente grazie ad uno sguardo pulito e critico». È la filosofia secondo Nicla Vassallo, cinquant’anni, professore ordinario di Filosofia teoretica all’Università di Genova. Specializzatasi al King’s College London, si è dedicata alla ricerca nei settori dell’epistemologia, della filosofia della conoscenza, della metafisica e dei gender studies. Nel 2011 ha vinto il premio di filosofia Viaggio a Siracusa. Ha pubblicato e curato oltre un centinaio di saggi e volumi, fra cui Filosofia delle donne (con Pieranna Garavaso, Laterza, 2007), Per sentito dire (Feltrinelli, 2011), Reason and rationality (Ontos Verlag, 2012).

«È sempre conveniente dare per morta la filosofia, in una società, in cui conoscenza e ragione vengono sottovalutate, se non addirittura minate – sostiene Vassallo – Dov’è finito l’amore per la sapienza e il sapere? Dove sono finite le buone argomentazioni? In luoghi inaccessibili a più, abitati da poche élite intellettuali, che rifiutano l’imbarbarimento. Oggi, a danno della nostra cittadinanza e umanità, insulti e volgarità dominano, mentre vengono disprezzate la libertà di pensiero e d’espressione, libertà che non equivalgono a ’penso ciò che voglio’ e ’dico ciò che voglio’, bensì a ’penso sulla base di buone ragioni’ e sempre ’sulla base di buone ragioni mi esprimo’. Come reagire? Con la buona filosofia per analizzare il presente grazie a concetti chiari, per far emergere i nostri errori, per uscire dalle trappole in cui si è precipitati».

Riflettere con filosofia rappresenta anche un antidoto alle «ideologie» della politica sempre più flebile?

Nel nostro paese, e non solo, manca la dimensione della polis, dimensione essenziale per la politica onesta. Basti osservare i contenuti stentati dei comportamenti e del linguaggio della maggioranza dei nostri cosiddetti rappresentanti, soggiogati dalla manìa del potere individualista e dispotico. Quando si fa politica nella convinzione che occorra stregare i cittadini con ideologie fabbricate ad hoc, quando pure valori falsati vengono impiegati per catturare consensi, il risultato non può non consistere in una durevole corruzione delle menti. O, meglio, in un’allucinazione di cui si è al contempo protagonisti e vittime. La filosofia, purché – ripeto – buona filosofia, costituisce un ottimo antidoto, se non fosse altro nel rimarcare il significato della verità.

Ha appena pubblicato con la casa editrice Mimesis «Orlando in ordine sparso», raccolta di versi che spazia in un arco di tempo che va dal 1983 al 2013. Perché la poesia? È l’altra faccia della medaglia del «lavoro» filosofico?

Filosofia e poesia devono rimanere attività distinte. Mentre in filosofia occorre chiedersi «cos’è la verità?» e «cos’è la conoscenza?», queste domande non appartengono al poetare. Per di più, in poesia è possibile esprimere la propria soggettività; la filosofia aspira invece all’oggettività, senza cadere in quei rovinosi relativismi, che hanno obnubilato i diritti e doveri di troppi. Se la vita del poeta emerge spesso nei suoi versi, il filosofo deve invece ignorare l’autobiografia, la propria storia personale, la propria appartenenza sessuale, di genere, di classe sociale, politica, religiosa, e così via. Detto ciò, Orlando in ordine sparso rimane un omaggio all’«Orlando» di Virginia Woolf, ove, tra l’altro, viene sottolineato il problema dell’identità personale, problema che la filosofia affronta da sempre, insieme a quello, insisto, della conoscenza: aristotelicamente parlando, quando non aspiriamo a conoscere, cessiamo di appartenere agli esseri umani.

 

Dal Festival di Modena alle «lezioni» fuori dal recinto accademico: la filosofia ritorna ad appassionare le nuove generazioni?

Nonostante la loro moltiplicazione e, a tratti, banalizzazione, alcuni luoghi garantiscono un alto livello della divulgazione. Questo perché lì le lezioni magistrali vengono affidate a intellettuali retti, con un’importante preparazione specialistica, senza cui la buona divulgazione sarebbe impossibile.

Le nuove generazioni accorrono, con la loro sete di conoscenza, sete tradita non solo dai tanti social network, ma anche da decenni di disinformazione, incoscienza, oscurantismo che i giovani intelligenti ora rifiutano con risolutezza. Evitano così i pseudo-intellettuali dilettanti, narcisi che indottrinano, che parlano senza sapere, in modo incomprensibile. La buona filosofia appassiona quei giovani che mirano a pensare in modo virtuoso, senza ideologie, filosofie ideologiste e populiste incluse. Con le ideologie di qualsiasi matrice si pensa in modo indegno.

Lei mantiene anche un punto di vista differente rispetto alla filosofia femminista italiana. Perché?

Perché è filosofia, per l’appunto, ideologica nell’assumere che esistano differenze significative tra i due sessi (femmina e maschio) e tra i due generi (donna e uomo). Tocca alla scienza, non alla filosofia, stabilire la realtà e portata di queste differenze, biologiche e cognitive, sempre che i sessi e i generi siano solo due.

Per di più, l’idea che si dia un’essenza femminile e un’essenza maschile non produce alcunché di positivo: un pregiudizio genera solo altri pregiudizi portatori di inciviltà. Così il nostro paese continuerà a rimanere maschilista, come attesta il Global Gender Gap 2012 che lo classifica all’80/mo posto, preceduto per esempio da Cipro, Perù, Botswana, Brunei, Honduras, Repubblica Ceca, Kenya, Repubblica Slovacca e dalla Cina al 69/mo posto.

Senza poi rammentare il fatto che decretare l’esistenza di due sessi e due generi tra loro differenti crea il «giusto» humus per avallare l’assoluta, benché assurda, complementarietà tra donna/femmina e maschio/uomo, per fomentare, quindi, eterosessismo e omofobia, e negare senza ragione il diritto ai matrimoni same-sex. E, infine, la ricchezza dell’identità personale ne esce distrutta. Ognuno di noi è unico; nessuno si riduce insipidamente a una femmina/donna o a un maschio/uomo. Ha perduto il proprio sé chi si ostina a pensare e agire solo da femmina/donna o da maschio/uomo.