A che gioco gioca Alcoa? Domanda più che legittima se a soli dieci giorni dall’inizio delle trattative per verificare la possibilità dell’acquisto dello stabilimento di Portovesme da parte dei Glencore – un altro dei colossi mondiali dell’alluminio – ora cominciano ad arrivate le lettere di licenziamento per i 437 operai in cassa integrazione.

La notizia è arrivata martedì 25 da fonti sindacali, più esattamente dalla Fim Cisl: «I licenziamenti – dice per il sindacato Moreno Muresu – rientrano nel quadro degli accordi di mobilità che sono stati stabiliti con Alcoa. Anche la data è stata decisa al momento in cui sono scattati gli ammortizzatori sociali. Se infatti le lettere fossero arrivate dopo il 31 dicembre del 2014 si sarebbe attivato il quadro normativo previsto dalla legge Fornero, decisamente peggiore. Questo non toglie nulla alla drammaticità della situazione. Le lettere di licenziamento sanciscono il disimpegno definitivo e irrevocabile di Alcoa. Ora per tutti i 437 della fabbrica di Portovesme, ma anche per i 360 dell’indotto, che le notifiche di cessazione del rapporto di lavoro hanno cominciato a riceverle anche prima, tutto dipende dall’esito della trattativa tra Alcoa e Glencore».

«Non bisogna gettare la spugna – aggiunge il segretario generale della Fim Marco Bentivogli – A questo punto serve dettare un’agenda serrata di confronto tra le due aziende perché si superino presto i nodi aperti. Chiediamo che il governo faccia pressing in questo senso. E’ una vera vergogna nazionale, in particolare, la condizione dei lavoratori degli appalti: nei rimpalli tra Regione Sardegna e governo, gli ammortizzatori sociali in deroga spesso lasciano i lavoratori senza reddito. Ci batteremo fino all’ultimo per tenere accesa la speranza e per risolvere positivamente questa vertenza, simbolo del vuoto di una politica incapace di definire una valida strategia di rilancio dell’ industria italiana».

Il tavolo di trattativa tra Alcoa a Glencore si è aperto lunedì della scorsa settimana al ministero dello sviluppo economico. Garanti del confronto, il governo e la Regione Sardegna. Che cosa ne uscirà, nessuno al momento può prevederlo.

Glencore chiede una drastica riduzione dei costi energetici, che in Sardegna superano di molto la media europea per una serie di motivi strutturali legati all’isolamento della regione. Il governo si è impegnato a trovare i modi per venire incontro alle richieste di Glencore, ma la strada è molto stretta. Anche perché qualsiasi intervento diretto di riduzione delle tariffe energetiche correrebbe il rischio di essere cassato dall’Unione europea.

E poi i sindacati non nascondono la preoccupazione sulle reali intenzioni di Alcoa.

Glencore, sul mercato mondiale dell’alluminio, è uno dei concorrenti più temibili della multinazionale americana, la cui freddezza nell’accettare la trattativa per la cessione dello stabilimento sardo potrebbe spiegarsi con la riluttanza dei manager Usa a fornire anche il più piccolo vantaggio a uno dei principali competitor.

Il gigante statunitense dell’alluminio è molto attivo. Smobilita in Sardegna perché giudica troppo alti i costi di produzione ma poche settimane fa ha completato l’acquisizione di Firth Rixson, un leader della componentistica dei motori aerospaziali. Alcoa calcola che con quest’acquisizione i ricavi aumenteranno di 1,6 miliardi dollari entro il 2016. Circa il 70% di questa crescita, che porterebbe a un incremento dei ricavi di 2 miliardi di dollari entro il 2019, sarebbe garantita da contratti di lungo termine già acquisiti.

Le prime lettere di licenziamento per gli operai Alcoa sono arrivate nello stesso giorno, martedì 25, in cui Maurizio Landini era a Cagliari per lo sciopero generale.

«La Sardegna – ha detto il segretario della Fiom in piazza ai circa duemila manifestanti – si trova di fronte a una situazione drammatica. Un quadro di questa natura non c’è mai stato, non l’ha mai vissuto nessuno, per questo serve uno sforzo collettivo che affronti in modo nuovo e diverso la situazione». Sotto il palco operai da tutta la Sardegna.

In prima fila, insieme con i lavoratori Alcoa, anche le tute blu Eurallumina e le magliette rosse dei 1634 cassintegrati Meridiana.