Reunion, parolina magica che riempie il cuore dei fan e il portafoglio di artisti e impresari. Nell’ultimo decennio parecchi gruppi hanno messo da parte i motivi della scissione e sono tornati insieme sul palco e in sala d’incisione. Perché quello delle band è spesso un lungo addio, nevrotico o magari esplosivo, ma un ritorno non è mai del tutto escluso. La lista delle reunion più recenti è lunga e spazia tra i generi. Si va da ex boyband tipo Take That e Backstreet Boys a giganti del calibro di Beach Boys e Fleetwood Mac, passando per gruppi che hanno messo d’accordo pubblico e critica come Stones Roses, Police e Guns ‘N Roses. O ancora, hard rocker come Deep Purple e Black Sabbath (questi ultimi alla seconda dopo quella storica del 1998, seppur senza l’apporto del batterista Bill Ward, e qualcuno già ne paventa una terza per il 2022…). La voglia di tornare a suonare assieme, magari con l’idea di metter via un gruzzoletto per la vecchiaia, è sbocciata anche nel panorama indipendente (ricordiamo Jesus and Mary Chain, Pixies, My Bloody Velentine, Pavement) ed è planata pure dalle nostre parti: le ultime reunion che hanno visto la luce in Italia, complice anche il festival sanremese, sono state Decibel e Le Vibrazioni. Recentissima e abbastanza inattesa è la reunion dei Genesis. Tony Banks, Phil Collins e Mike Rutherford, l’ultima manifestazione dello storico gruppo inglese, partiranno alla fine dell’anno, tra il 16 novembre e l’11 dicembre, per un tour che al momento copre solo Irlanda e Regno Unito. Un progetto che di sicuro lascia i fan con un po’ d’amaro in bocca perché Peter Gabriel e Steve Hackett non saranno della partita.
SOGNI
Fin qui si è detto di quelle andate a buon fine; altrettanto lunga però è la lista delle reunion che mancano all’appello. A partire da quella che sarebbe stata la madre di tutte. Stiamo ovviamente parlando dei Beatles, di cui quest’anno cade il cinquantesimo dallo scioglimento. La primavera del 1970 segna infatti il capolinea del quartetto di Liverpool. Il 10 aprile, temendo che i suoi compagni stessero per fare la stessa cosa, Paul McCartney rompe gli indugi e annuncia pubblicamente il suo abbandono. Lo scompiglio agrodolce seguito allo scioglimento durò ben poco, lasciando il posto a un quesito tormentone andato avanti per tutti gli anni Settanta e proseguito anche dopo la morte di John Lennon nel 1980: «A quando la reunion dei Beatles?» Sappiamo che la risposta è negativa. Nonostante i Fab Four si fossero lasciati in malo modo, il tempo sciolse le ruggini e la lista di collaborazioni, incontri e buone intenzioni espresse in diverse interviste è lunga. Non si giunse mai a una vera e propria ricomposizione ma i quattro ci andarono abbastanza vicino. Soprattutto in studio diedero ampia prova di sentirsi ancora uniti. Già il primo album solista di Lennon, pubblicato nel dicembre 1970, vede la presenza di Ringo Starr alla batteria in quasi tutti i brani. Nel 1973 Lennon, Macca, George Harrison e Starr composero e suonarono nel secondo album solista di Ringo. Si tratta dell’unico album post Beatles in cui compaiono tutti e quattro, sebbene in canzoni diverse.
La reunion vera e propria fu verosimilmente sfiorata il 26 aprile del 1976 a New York. Quel giorno Paul, John e George erano in città, i primi due con le rispettive consorti a casa di Lennon, il terzo in tour con i suoi amici Monty Python. Lennon e Macca stavano guardando il Saturday Night Live in tv e, proprio in quella puntata, il conduttore dello show disse: «So che ci stanno vedendo 22 milioni di telespettatori, ma voglio rivolgermi a quattro persone in particolare: John, Paul, George e Ringo… i Beatles. In questi giorni corre voce che vi stiate rimettendo assieme. Sappiamo che siete qui in città: voglio invitarvi a partecipare a questo show». L’idea divertì molto i due che furono sul punto di aderire all’invito, circostanza confermata da entrambi in interviste successive. La pigrizia però ebbe il sopravvento e non se ne fece nulla.
INCUBI 
Dal passato ai giorni nostri, alla fine dello scorso novembre l’apertura dell’account instagram @talkingheadsofficial, descritto come profilo social ufficiale della band, aveva fatto circolare la voce di una probabile reunion dello storico gruppo di David Byrne. In realtà lo stesso Byrne ha subito spento gli entusiasmi: «Non ho mai sentito parlare di questo account e non so cosa sia o chi lo abbia creato, quindi chiaramente non può essere un account ufficiale dei Talking Heads. Se è qualcosa che riguarda gli altri membri della band sono affari loro… gli auguro tutto il bene». Ai fan non resta che accontentarsi dell’uscita a maggio di Remain in Love, autobiografia di Chris Frantz in cui il batterista racconta la storia della band. Il titolo gioca con quello di uno dei dischi più celebri della band, Remain in Light, che nel 2020 celebra 40 anni.
E chissà se si concluderà mai l’estenuante e violenta faida famigliare dei fratelli Gallagher, che nel 2009 ha portato allo scioglimento degli Oasis dopo una rissa tra Liam e Noel nel backstage di un concerto. Noel ha detto che una reunion si potrebbe anche fare: «A due semplici condizioni: un singolo scritto da Paul McCartney e 20 milioni di sterline. A concerto». Dici niente, però almeno uno spiraglio è aperto, anche perché i due Gallagher sono sempre molto attenti al lato economico della questione.
Buio pesto invece per gli Smiths, altro gruppo dalla carriera sfavillante, ma che pare non si ricomporrebbe per nulla al mondo. Sull’argomento Morrissey è stato esplicito: piuttosto si mangerebbe un testicolo. Mentre il chitarrista John Marr, rispondendo a chi gli chiedeva se gli Smith sarebbero mai saliti di nuovo su un placo assieme, ha twittato: «Con Neil Farage alla chitarra», pungente ironia per prendere le distanze dalla recente deriva anti immigrati e pro Brexit di Morrisey. Stessa aria tira anche dalle parti dei Dire Straits. I fratelli Knopfler, Mark e David, non si sono fatti vedere neppure alla cerimonia di ammissione alla Rock and Roll Hall of Fame nel 2018, lasciando rappresentare il gruppo al bassista John Illsley e al tastierista Guy Fletcher. Sembra non ci sia niente da fare neppure per la reunion dei The Jam. Paul Weller, che decise 34 anni fa di interrompere il progetto, di tornare ancora su un palco con gli altri due sodali pare non ci pensi proprio.
Per quanto riguarda i Rem lo scioglimento è troppo recente perché si parli di reunion e infatti, interpellato sull’argomento, Michael Stipe con grande stile rimbalza sempre la richiesta. E purtroppo non vedremo mai più la formazione originaria degli Hüsker Dü, la band che con un disco come New Day Rising ha codificato tutto l’alt-rock dal grunge a seguire. Di reunion si era iniziato a parlare in occasione dell’apertura del webstore ufficiale del gruppo. Ma la scomparsa del bassista Grant Hart nel 2017 ha messo definitivamente la parola fine al progetto.
E un’altra reunion che non capiterà mai è quella dei Rolling Stones. Per il semplice fatto che loro, imperterriti, vanno avanti dal 1962. Troppo fastidioso sciogliersi per essere poi tampinati da fan, manager e giornalisti che implorano il ritorno. Meglio continuare assieme come nulla fosse.