Falsi dossier preparati per mettere paura o screditare imprenditori e giornalisti ritenuti «nemici», accessi illegali al sistema «Sdi» delle forze dell’ordine fatti da poliziotti infedeli per acquisire informazioni top secret che poi venivano riversate in file archiviati in un pc ritrovato in una stanza nascosta dietro a una libreria in una villa a Serradifalco (Cl).

E ancora: appunti di cene e gite in barca con giornalisti considerati «amici», fogli in excel con elenchi di persone da raccomandare per fare favori a politici e uomini delle forze dell’ordine. Dalle 2.567 pagine dell’ordinanza del gip di Caltanissetta, Maria Carmela Giannazzo, che ha disposto gli arresti domiciliari per Antonello Montante, un tempo enfant prodige di Confindustria ma caduto in disgrazia, emerge uno spaccato inquietante di un «sistema di potere» fatto di relazioni ad altissimo livello.

UN RETE «TENTACOLARE» tra ex dirigenti dell’Aisi, funzionari dello Sco, politici, uomini della guardia di finanza e dei carabinieri messa in piedi con lo scopo di scambiarsi informazioni riservate e dunque ostacolare, in qualche modo anche inquinare, l’inchiesta che la Dda di Caltanissetta aveva avviato quattro anni fa per accertare i presunti legami d’affari di Montante con alcuni mafiosi, e per questo motivo iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di concorso esterno.

A mettere in piedi la ragnatela di rapporti per il gip, che ha accolto l’impianto accusatorio della Procura, sarebbe stato proprio l’industriale, finito ai domiciliari per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione.
Per la Dda, che ha coordinato l’indagine «Double Face» condotta dalla squadra mobile, l’imprenditore che guidò la ‘svolta’ in Confindustria aprendo nel 2007 la stagione della lotta al racket e arrivato a un passo dal vertice dell’Agenzia per i beni confiscati e sequestrati alle mafie, in realtà avrebbe avuto come unico obiettivo quello di soppiantare il vecchio sistema imponendo il suo gruppo di potere, celando le sue reali intenzioni dietro alla «finta» battaglia per la legalità.

LA SUA «MISSION», si legge nell’ordinanza, sarebbe stata quella di fare piazza pulita degli avversari dentro Confindustria. Partita dalle dichiarazioni di alcuni pentiti, l’indagine dei pm, che a Montante contestavano inizialmente il concorso esterno in associazione mafiosa, si è allargata grazie a decine di intercettazioni finite nei brogliacci e alle testimonianze di alcuni imprenditori che in modo spontaneo hanno fornito ai pm elementi che hanno portato gli inquirenti a ipotizzare il «grande inganno». Nelle carte vengono menzionati decine e decine di nomi e di episodi che svelano un intreccio perverso tra imprenditori, affaristi, politici e rappresentanti delle istituzioni.

NELL’INCHIESTA sono indagati, e agli arresti domiciliari, anche il colonnello dei carabinieri Giuseppe D’Agata, ex capocentro della Dia di Palermo tornato all’Arma dopo un periodo nei servizi segreti; Diego Di Simone, ex sostituto commissario della squadra mobile di Palermo; Marco De Angelis, sostituto commissario prima alla questura di Palermo poi alla prefettura di Milano; Ettore Orfanello, ex comandante del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza a Palermo; il «re» dei supermercati Massimo Romano che gestisce la catena «Mizzica» – Carrefour Sicilia, con oltre 80 punti vendita nella regione. Il sesto provvedimento cautelare riguarda Giuseppe Graceffa, vice sovrintendente della polizia, sospeso dal servizio per un anno.

CON DIVERSI RUOLI, secondo l’accusa, gli indagati avrebbero fatto parte della rete «protettiva« di spionaggio a favore di Montante. Altre 15 persone sono indagate per aver avuto in qualche modo un ruolo nella catena delle fughe di notizie; tra di loro l’ex presidente del Senato Renato Schifani, l’ex generale Arturo Esposito, ex direttore del servizio segreto civile (Aisi); Andrea Cavacece, capo reparto dell’Aisi; Andrea Grassi, ex dirigente della prima divisione del Servizio centrale operativo della polizia; Gianfranco Ardizzone, ex comandante provinciale della Guardia di finanza di Caltanissetta e poi capocentro della Dia nissena; Mario Sanfilippo, ex ufficiale della polizia tributaria di Caltanissetta. Indagati anche il docente di diritto tributario all’università di Palermo Angelo Cuva, l’ex numero uno della Cisl siciliana Maurizio Bernava ora dirigente di Fondimpresa legato a Confindustria, e il dirigente della Regione siciliana Alessandro Ferrara, ora a capo del Fondo pensioni della Regione siciliana.

L’INDAGINE della squadra mobile di Caltanissetta ha avuto impulso nel gennaio 2016 quando, durante una perquisizione nella villa di Montante, gli agenti hanno rinvenuto in una stanza nascosta da una libreria, un archivio con veri e propri dossier e, frugando nel suo pc hanno recuperato tra i file cancellati quello che elencava contatti, incontri, e compensi per i corrotti: soprattutto posti di lavoro e promesse di trasferimenti. Ad accusare Montante oltre ad alcuni collaboratori di giustizia, ci sono anche due ex amici dello stesso imprenditore, che con lui condivisero la stagione della «svolta»: Marco Venturi, ex assessore regionale, e Alfonso Cicero, ex presidente dell’Irsap, l’istituto creato qualche anno fa per la gestione delle aree industriali e da dove passavano fiumi di denaro pubblico.