L’articolo di Aldo Carra sulle primarie del Pd (il manifesto 6 Aprile) suscita in me alcune riflessioni, che provo a esporre per punti.

1) Non credo che il risultato nei circoli che dà una decisa maggioranza a Renzi, significhi la definitiva evoluzione (o involuzione) del Pd attorno al suo capo. L’esperienza della storia suggerisce prudenza circa i giudizi definitivi, soprattutto quando si riferiscono alle alterne fortune dei leader solitari; sempre in bilico tra travolgenti vittorie e rapide cadute.

2) In questo senso, e nelle condizioni date, non mi pare che il 25% di Orlando sia riducibile ad un modesto gioco delle parti. Orlando sta conducendo una battaglia civile e ragionata, per una linea alternativa. Non so come andrà il voto del 30 aprile: quello decisivo. Ma la sua mozione sta gettando semi che, sono convinto, potranno germogliare nel futuro.

3) Non vedo una grande continuità tra il Pci e il Pd a trazione renziana; in quanto entrambi, secondo Carra, fondati sul culto del capo e su una comunità che non si deve dividere. Il Pci rispettava grandemente i suoi segretari; tuttavia, attorno ad essi, vivevano gruppi dirigenti di formidabile qualità e autorevolezza. Essi non solo discutevano, ma si dividevano sulle idee anche in modo molto aspro e con uno stile franco. Certo, una volta deciso, all’esterno e nell’azione si pretendeva l’unità: erano anche i tempi della guerra fredda. Oggi il quadro attorno a Renzi mi appare più modesto, refrattario alle critiche e conformista.

4) Sono, invece, d’accordo con Carra nel rifuggire un giudizio facile e comodo sul M5S; che ha colto una verità ben prima degli altri: la crisi del sistema politico e della rappresentanza, con la conseguente distanza tra le masse e il potere e la sensazione di abbandono e di solitudine dei cittadini. In questo senso Grillo ha incanalato una rabbia, tenendola sostanzialmente sul terreno democratico e non violento, che sarebbe potuta esplodere a destra con ben altre conseguenze. Ci ha dato tempo per riorganizzare il campo della sinistra. Tempo che non abbiamo saputo, finora, utilizzare in modo produttivo. Proprio per questo, è giusto affrontare una sfida in positivo con i 5 stelle. Ma la sfida la concentrerei proprio sulla risposta da dare alla crisi democratica; piuttosto che su una schermaglia attorno ai programmi, così cangianti nella pratica grillina.

5) A tale proposito, non sono affatto sicuro che le nuove forme di democrazia della rete facciano fare passi in avanti alla partecipazione reale, alla crescita della coscienza ed a una maggiore diffusione di una “sovranità” dal basso. Non solo per l’esiguità delle platee investite, per l’incertezza delle regole e delle garanzie. Piuttosto per il perpetrare e persino l’accentuare la solitudine di chi le pratica e ne è protagonista. La persona, se non è considerata solo numero o “maschera” sociale, è innanzitutto relazione; relazione con l’altro. Relazione vissuta, reale, incarnata; che comporta un’esposizione faticosa ma straordinariamente gratificante e arricchente nel confronto con il tuo interlocutore; che ti porta doni, e anche prezzi da pagare in conseguenza delle opinioni che esprimi.
La rete, fantastica innovazione per l’informazione, non realizza questa esperienza e vicinanza. Nella rapidità del confronto, in realtà, marca una lontananza.
È la ragione per la quale il confronto politico attraverso di essa, appare ripetitivo, assertivo, apodittico, non di rado offensivo e violento. Non c’è stile dialogico, fiducia nelle argomentazioni che possono modificare il tuo pensiero o quello della persona con la quale ti stai intrattenendo.
In realtà si accetta l’atomizzazione in monadi un po’ disperate tipica della nostra difficile modernità; senza, purtroppo, determinare una crescita della coscienza dei cittadini e un miglioramento della democrazia.

6) Tra una partecipazione affidata solo alla rete e le attuali strutture di potere elitarie e burocratiche degli attuali partiti, la sinistra dovrebbe tentare una via nuova: la costruzione unitaria di un campo largo e democratico costituito da una rete di “luoghi” reali, di agorà, nelle quali le persone si possano mischiare, discutere, e decidere, sottolineo decidere sul proprio futuro. Si osserva: è una via impervia e illusoria. Rispondo: qui è il nodo e qui va sciolto. Ma su questo si dovrebbe aprire un dibattito ampio, impossibile in queste brevi note.