Un crack finanziario da 500 milioni di euro, dieci arresti tra cui la richiesta di domiciliari per il senatore e sindaco di Molfetta Antonio Azzollini (Ncd) nonché presidente della commissione Bilancio del Senato e due suore (suor Marcella Cesa e suor Assunta Pulzello), un lungo elenco di indagati tra cui il deputato Raffaele Di Gioia (Psi – Gruppo misto). Questo il risultato dell’inchiesta «Oro pro nobis» condotta dal 2012 dai militari della Guardia di Finanza di Bari e coordinati dalla Procura della Repubblica di Trani, sulle vicende riguardanti l’ente ecclesiastico ‘Congregazione delle Ancelle della Divina Provvidenza’.

Diversi i reati contestati dall’associazione per delinquere alla bancarotta fraudolenta: i provvedimenti sono firmati dal gip Rossella Volpe – che ha inoltrato una richiesta di arresto al Senato per Azzollini – e richiesti dal procuratore aggiunto di Trani, Francesco Giannella e dalla pm Silvia Curione. Fu infatti la Procura a chiedere al Tribunale di Trani il fallimento dell’ente che gestisce anche gli ospedali di Foggia e Potenza, per via dei debiti contratti negli anni. Dopo il piano presentato l’ente fu ammesso all’amministrazione straordinaria nel dicembre 2013, mentre due mesi prima il Vaticano aveva commissariato l’ente sostituendo suor Marcella Cesa, all’epoca alla guida della congregazione delle ‘Ancelle della Divina Provvidenza’, con il vescovo di Molfetta, monsignor Luigi Martella.
Dei 500 milioni di euro di debiti, ben 350 sono nei confronti dello Stato. Le indagini sono state condotte, come chiarito dagli inquirenti, attraverso «accertamenti bancari, escussione di soggetti informati sui fatti, migliaia di intercettazioni telefoniche, assolutamente preziose per la ricostruzione dei fatti e delle penali responsabilità». Alcune riguardano lo stesso Azzolini, tra cui quella che inaugurò «la stagione del potere azzolliniano» rivolta alle suore: «Da oggi qui comando io, se no vi p… in testa». Il senatore ha negato di aver pronunciato certe frasi, dichiarando che non lascerà i suoi incarichi.

L’ente religioso fondato da Don Pasquale Uva nel 1922, con finalità di culto e religione, esercita attività di cura e assistenza delle persone «con facoltà intellettive compromesse», in forza di un convenzionamento con il Servizio Sanitario delle Regioni Puglia e Basilicata, nonché di un accreditamento, con le stesse regioni, relativamente ad altre attività ospedaliere, «per dare voce a chi non ha voce».

Ma secondo la Procura da tempo aveva perso «i nobili principi ispiratori della venerabile missione avviata dal padre fondatore. Negli ultimi decenni si è assistito ad un lento e incessante processo di secolarizzazione della Congregazione divenuta facile e ghiotta preda di poteri forti e di trame politiche. Nel corso di questo processo involutivo alcune ancelle sembrano aver completamente rinnegato i canoni fondativi della loro missione, rendendosi complici, quando non addirittura protagoniste di primo piano, dei gravi misfatti compiuti all’interno dell’ente».

Diversi i conti sequestrati riconducibili al Don Uva di Bisceglie: tra gli altri uno da 27 milioni a carico della casa di procura, considerata la «cassaforte» dell’ente della quale era responsabile suor Assunta Puzzello, che sarebbe servita a mettere al sicuro ingenti capitali. L’ipotesi degli inquirenti è che queste somme fossero oggetto di distrazione del patrimonio dell’ente, in danno dei creditori. Sequestrato anche un conto corrente di 561mila euro della causa di canonizzazione di don Pasquale Uva. Inoltre, secondo una relazione del commissario straordinario dell’ente, Bartolo Cozzoli, lo stato di insolvenza «era noto agli amministratori dagli anni ‘90». Già nel ‘97 le disponibilità finanziarie «non erano sufficienti ad assolvere agli impegni di spesa previsti nei confronti del personale». Dal luglio 2001 «l’ente non era più in grado di assolvere alle obbligazioni di natura previdenziale ed erariale connesse al lavoro dipendente; dal gennaio 2002 ai contributi a carico dell’azienda verso Inps e Inail».

L’ente ha anche beneficiato di leggi per procrastinare fino al 2016 il versamento dei contributi, con una rateizzazione fino al 2027. Fondamentale, è stato sottolineato dagli inquirenti, la collaborazione del Vaticano grazie al nuovo corso dato allo Ior da Papa Francesco: la rogatoria che ha fornito i risultati decisivi richiesta il 21 novembre 2013 sui conti accesi presso lo Ior e sulla lista completa dei movimenti su tali conti, ebbe risposta il 7 aprile 2014. La documentazione ha confermato che, negli anni, è stato attuato «un progressivo occultamento» delle risorse della Congregazione trasferendole su rapporti bancari e conti correnti intestati solo formalmente alla Casa di Procura, ma in realtà riferibili alla stessa Congregazione.