Era il febbraio del 1600 quando Giordano Bruno, «heretico ostinatissimo», venne arso vivo in Campo de’ Fiori. E sabato prossimo, quattrocentosedici anni dopo, proprio da quella piazza plebea, proprio laddove venne eretto il crudele rogo, avrà inizio la manifestazione LaiCittà – Viaggio nella Roma anticlericale. Una carovana guidata da storici, urbanisti, musicisti e teatranti girerà tra i vicoli medievali e le piazzette popolari fin sul colle del Campidoglio michelangiolesco, oggi tristemente disabitato. Raccontando un’altra storia: quella delle battaglie sociali e politiche, delle lotte per la libertà, della Resistenza. Quella «senza paternostri e giubbilei», per dirla come il ruvido Ciceruacchio.

Si replicherà poi in maggio, da Trastevere, rileggendo e rivisitando l’arguzia poetica di Giuseppe Gioacchino Belli, e la terza tappa si arrampicherà sulla collina del Gianicolo, ripercorrendo gli itinerari della Repubblica Romana, l’indimenticata stagione di fiammeggianti furori democratici.

L’iniziativa è organizzata dal quotidiano on-line Popoff e dal collettivo Hierba Mala, e nel suo piccolo si propone come un contro-giubileo. Che non casualmente muove i primi passi nel pieno della moratoria quaresimale, glorificando «saecula saeculorum» quel frate domenicano, filosofo e visionario, che sfidò la Chiesa nel suo periodo forse storicamente peggiore, scegliendo di morire («martire et volentieri») pur di continuare «a dire la verità».

Com’è consuetudine sacrilega e blasfema, sarà una manifestazione sfacciata e gaudente, oltreché festosamente critica. E potrà contare anche su un’anticipazione mangereccia, venerdì sera, con una cena eretica da consumarsi nel covo di Communia (via Scalo San Lorenzo 23), con annessa serata musicale pagana, in compagnia di Don Pasta cookin’ dj-set e Ponentino Trio.
Una manifestazione che in quest’atmosfera sacrestana appare insomma come una ventata fresca e irriverente. Su questa città dolente eppure ancora vitale, che coltiva ancora le sue tensioni laiche e civili. Una città che non può tuttavia ridursi a chiedere solo indulgenze e misericordia.

Roma si sta spegnendo come un moccolotto all’ultimo respiro, privata dai suoi impulsi migliori, mortificata nelle sue intelligenze, nella sua creatività. E lasciata da classi politiche inette e compromesse nelle sole mani di «preti e guardie». Esattamente come ai tempi del papa re.