La storia della Resistenza è impastata con le vite che l’hanno agita, ma è soprattutto una memoria incisa nei luoghi. C’è Barge, per esempio, quel «paese piccolo piccolo ai piedi delle Alpi», nelle Langhe, da cui prende l’avvio la macchina narrativa di Marco Ponti e Christian Hill – Ribelli Resistenza Rock’n’roll, Feltrinelli, pp.192, euro 14) – per raccontare una comunità che dimentica i privilegi di classe unendosi nella lotta al fascismo. È così che Astolfo, ragazzo figlio di conti, con sua sorella Cosetta, subiscono il fascino degli insorti della montagna e – sostenuti dai genitori – cominciano a fare le staffette partigiane, recuperando medicinali, cibo e tutto ciò che serve a quei guerrieri clandestini, che si muovono nel buio o all’alba.

IN TUTTO QUELL’AFFACCENDARSI ci sono di mezzo i grandi ideali, certo, ma anche un amore improvviso per la ragazza dalle trecce bionde, Ester, forse sedici anni appena e un sorriso radioso. Le battaglie infuriano, in molti cadono, altri sono catturati. Barbato, il magnetico comandante della brigata Garibaldi (Pompeo Colajanni), è ferito e la casa dei «nobili» diventa la sua infermeria, una promessa di guarigione e quindi di nuovi scontri. Ma quando varca la porta della villa Ester, anzi quando esce dalle nuvole dei vapori del suo primo bagno caldo dopo tanto combattere, «il tempo di ferma. Le stelle se fossero visibili da lì, diventerebbero tutte cadenti ed esaudirebbero i desideri di tutto il mondo». I «neri» però sono a caccia di prede e un giorno si presentano a palazzo, sfoderando la consueta ferocia. Nonostante sia vero che «la notte prima della battaglia non porta consiglio, porta solo orrore, e il primo a morire è il sonno», ormai Astolfo (con la sorella Cosetta) è definitivamente al fianco di Barbato e i suoi, consapevole che l’indomani o si uccide o si muore.

IL ROMANZO di Ponti e Hill racconta storie di finzione che guardano a personaggi realmente esistiti – il Novena a capo dei reparti della brigata nera Ather Capelli, era famoso per la sua crudeltà e fu accusato dopo la Liberazione di almeno 185 omicidi – e trae ispirazione dal libro di Giovanni De Luna La Resistenza perfetta, che infatti ne firma la postfazione.
Ricordi, narrazioni famigliari che affondano nel mito, fili che si intrecciano e raccolgono le trame dei luoghi per poi tornare nel presente portando con sé l’eco di esistenze spezzate: è anche tutto questo il libro della scrittrice e illustratrice Sonia Maria Luce Possentini uscito per l’editore Rrose Sélavy, Nome di battaglia Nero (pp. 40, euro 14). Con immagini – soprattutto – e parole si conosce Giovanni, zio dell’autrice, giovanissimo partigiano (brigata Garibaldi) nell’Appennino reggiano . Finì la sua vita a soli vent’anni, preferendo la tortura al tradimento dei compagni. Protagonista è qui il bosco che avvolge la voce narrante, lo scricchiolio dei rami, gli ultimi pensieri di Giovanni da intuire mentre Possentini si addentra nella fitta vegetazione per «sentire» l’energia di quella terra, per ritrovare se stessa nelle maglie di una vicenda intrisa di passione e coraggio.

CHE LA RESISTENZA sia un capitolo collettivo e fondante dell’identità culturale italiana lo sottolinea perfettamente il titolo del libro firmato da Gad Lerner e Laura Gnocchi: Noi, ragazzi della libertà (Feltrinelli, pp. 208, euro 14). È un mosaico di «appartenenze» che nasce dalla raccolta di oltre cinquecento videointerviste realizzate in collaborazione con l’Anpi ai protagonisti di quella stagione, anzi dei venti mesi che portarono al 25 aprile 1945 e alla liberazione dal nazifascismo. A parlare sono spesso ultranovantenni, gli anziani genitori della nostra Repubblica, gli stessi che oggi pagano il prezzo più caro alla pandemia in corso.

C’è Bruna (Lidia Menapace, scomparsa nel 2020), che un giorno portò a casa la pagella con su scritto «di razza ariana» e sua mamma la strappò. Fu il primo gesto «partigiano» per Lidia, che divenne sottotenente della divisione Rabellotti. E c’è poi Pineo (Primo Sammarchi) che, alla morte del fratello, con la madre e la cartella piena di armi cominciò a rifornire i partigiani. Oppure, Gustavo Ottolenghi, combattente già a 11 anni. Un archivio preziosissimo narrato in prima persona.

Per i più piccoli, il 25 aprile offre due albi. Uno è dedicato alla canzone Bella ciao (Einaudi ragazzi, pp. 40, euro 15). L’inno di combattimento della Brigata Maiella in Abruzzo, poi portato al Nord (come spiega Cesare Bermani nel suo libro uscito per Interlinea nel 2020) prende forma nelle illustrazioni sgargianti di Lorena Canottiere e nella postfazione di Daniele Aristarco. L’altro albo ripercorre le giornate montane di Bruno detto Brubru, bambino curioso che incrocia la Storia davanti (e dentro) casa sua. Vorrebbe portare anche lui il fazzoletto al collo, lo stesso di quei partigiani che praticano una guerra necessaria, ma sceglie il colore del sole. Così almeno ci racconta Roberto Piumini nel poetico Di che colore è la libertà? (Mondadori, pp. 48, euro 16).