In risposta alle 537 procedure di licenziamento, fatte partire da Thyssen Krupp subito dopo l’annunciato fallimento di una trattativa mai nata al ministero dello sviluppo economico, gli operai dell’Ast entrano compatti in sciopero per l’intera giornata. Mezza Terni li accompagna in corteo lungo la città, dalla prefettura al presidio di massa sui binari della stazione per bloccare il traffico ferroviario, fino alla sede del Pd locale e a palazzo Spada, cuore della politica ternana. Nel mentre il governo non trova di meglio che accusare i sindacati. Colpevoli anche loro, rei di aver fatto fallire «una mediazione che aveva profondamente cambiato – parole testuali della ministra Federica Guidi – il piano industriale di Ast».

Il cambiamento era stato così costruttivo da essere stato bocciato congiuntamente da Fiom, Fim, Uilm, Ugl e Fismic. «Nel testo proposto dal governo – sintetizza Mario Ghini della Uilm – non sono state accolte le nostre richieste, in particolare sul costo del lavoro e sul numero degli esuberi. Inaccettabile la clausola che prevede già da ora il licenziamento dell’eventuale residuo esubero dopo i 24 mesi di Cigs. E anche sui volumi produttivi e gli investimenti si è continuato a far riferimento al piano del 17 luglio, che lo stesso governo aveva ritenuto non condivisibile».

Anche la Cgil vuol rispondere nel merito alla presunta «mediazione» del governo: «Una protervia mai vista prima, come quella dimostrata da Thyssen Krupp, ha impedito la ricerca di ogni soluzione. D’altra parte, l’assenza nella proposta del governo di qualsiasi misura di politica industriale, a partire dalla riduzione dei costi dell’energia, che aiutasse a sbloccare la situazione, ha reso sterile la mediazione e ha portato all’inevitabile fallimento». Esemplifica Susanna Camusso: «Il vero limite dell’intervento del governo è quello di non aver svolto un ruolo che, intervenendo con le politiche industriali, permettesse un punto di sintesi. Invece si è limitato a guardare».

Guarda e si dice «preoccupato» Matteo Renzi, che ora non sa che dire e la prende larghissima: «Ci sono tre mesi davanti per discutere. Le parti sono ancora troppo lontane ma continuiamo a lavorarci con Delrio e Guidi». E con i forni fusori spenti e le procedure di licenziamento in corso, per mettere a proprio agio i lavoratori. In realtà dalle parti del Pd l’unico ad azzardare una soluzione è Gianluca Rossi, capogruppo in commissione finanze a palazzo Madama. «Continuo a ritenere strategico un impegno congiunto del governo e della commissione Ue, per garantire un’adeguata transizione finalizzata al passaggio di proprietà di Ast, indipendentemente dalle dichiarazioni in senso contrario fatte da essa stessa. Solo così potremo garantirle un futuro certo e adeguati livelli occupazionali». Traduzione: dobbiamo lavorare per togliere di mano Ast a Thyssen Krupp. Magari per farla tornare nelle braccia più accoglienti dei finlandesi di Outokompu, che l’avevano comprata ma l’hanno dovuta rendere ai tedeschi perché la Ue aveva sanzionato un «abuso da posizione dominante».

Su questo aspetto però c’è da registrare lo scetticismo di Marco Bentivogli della Fim Cisl, convinto che almeno fino al 2020 Thyssen Krupp resterà a Terni. Mentre Attilio Romanelli della Cgil locale dà voce alle speranze di tanti lavoratori: «Quanto sostenuto dall’azienda preoccupa, il loro piano non è stato accolto perché è distruttivo per la fabbrica. Da oggi comincia una nuova fase, che deve prevedere l’uscita di Ast dalla Thyssen Krupp». Quanto agli operai, le voci raccolte sui binari confermano il gradimento all’uscita della multinazionale: «Thyssen Krupp non ha un interesse industriale sull’inox e gli acciai speciali – ragiona ad esempio Alessandro Angeletti – quindi il governo dovrebbe impegnarsi a trovare acquirenti. Ma se penso che ci hanno presentato la ministra Guidi come esperta di politiche industriali, allora non si va lontano».

All’ora di cena i binari della stazione vengono liberati dai manifestanti, che continuano la protesta alle portinerie dello stabilimento. Lo sciopero andrà avanti fino alle 14 di oggi. Ma sarà solo il primo di una serie di mobilitazioni: «Fra gli obiettivi – anticipa Claudio Cipolla, segretario della Fiom – c’è quello di arrivare alla presidenza del consiglio, organizzare uno sciopero cittadino, e una iniziativa nazionale sulla siderurgia».